Diritto all’oblio: Google condannata a riesaminare il delisting (Cass. 14488/2025)

Giugno 21, 2025
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Con la sentenza n. 14488 depositata il 30 maggio 2025, la Prima Sezione civile della Corte di Cassazione si è pronunciata su una controversia in materia di diritto all’oblio e deindicizzazione di risultati di ricerca su Google. Il procedimento ha riguardato la domanda di un cittadino, assistito dagli avvocati Angelica Parente e Domenico Bianculli, volta a ottenere l’eliminazione di alcuni URL reperibili tramite il noto motore di ricerca, i quali associavano il suo nominativo a una vicenda penale conclusasi con sentenza definitiva di assoluzione.
Le richieste avanzate nei confronti di Google LLC, rappresentata nel giudizio dagli avvocati Marco Berliri, Michele Traversa, Erika De Santis e Massimiliano Masnada, avevano già trovato esito negativo davanti al Tribunale, che aveva rigettato la domanda di deindicizzazione, ritenendo prevalente l’interesse pubblico all’informazione. Il ricorso per Cassazione ha condotto invece la Suprema Corte a censurare la decisione di merito, disponendo il rinvio per nuovo esame.
I fatti alla base del contenzioso
Il procedimento origina da una vicenda risalente al 2011, quando il ricorrente era stato sottoposto a custodia cautelare nell’ambito di un’indagine per presunti legami con la criminalità organizzata. Successivamente condannato in appello, veniva definitivamente assolto nel 2015 dalla Corte di Cassazione per l’accusa principale di associazione mafiosa. Nonostante la pronuncia liberatoria, digitando il nome della persona su Google continuavano a comparire URL che riproponevano il suo coinvolgimento nella vicenda penale, senza dar conto dell’esito assolutorio. Tre dei quattro articoli contestati, inoltre, non facevano menzione di ulteriori condanne accessorie, ma erano focalizzati esclusivamente sulla contestata imputazione poi superata.
Il ricorrente ha dunque richiesto a Google la deindicizzazione di tali URL, contestando che la loro permanenza nella ricerca nominativa determinasse un pregiudizio alla propria reputazione e violasse il diritto alla protezione dei dati personali. Google si è opposta alla richiesta, sostenendo che il mantenimento dell’indicizzazione rispondesse ancora a un interesse pubblico attuale.
Il quadro normativo richiamato
La controversia ha portato la Corte di Cassazione a esaminare i principi sottesi al diritto all’oblio, richiamando la normativa europea e nazionale di riferimento. In particolare, viene in rilievo l’art. 17 del Regolamento UE 2016/679 (GDPR), che disciplina il diritto alla cancellazione dei dati personali, e i principi elaborati dalla giurisprudenza della Corte di Giustizia UE, a partire dalla sentenza Google Spain (C-131/12), che ha introdotto il concetto di deindicizzazione.
La Cassazione richiama altresì i precedenti nazionali in materia, quali Cass. n. 7559/2020, Cass. n. 15160/2021 e Cass. n. 36021/2023, che hanno progressivamente precisato i criteri per bilanciare il diritto alla privacy e il diritto all’informazione quando si discute di indicizzazione dei risultati nei motori di ricerca.
La decisione della Suprema Corte
La Corte di Cassazione, nel pronunciarsi sul ricorso, ha affermato che il bilanciamento tra il diritto all’oblio e il diritto di cronaca deve avvenire applicando i criteri di proporzionalità, attualità, pertinenza e verità.
In particolare, la sentenza precisa che la circostanza che il procedimento penale si sia concluso con assoluzione incide sulla valutazione dell’attualità dell’interesse pubblico alla permanenza dell’informazione facilmente reperibile tramite ricerca nominativa. Secondo la Corte, il trascorrere del tempo e l’esito liberatorio assumono rilievo fondamentale nel determinare se la prosecuzione dell’indicizzazione realizzi ancora un equilibrio corretto tra i diritti coinvolti.
Nel caso esaminato, la Corte ha rilevato che gli articoli contestati riportavano in modo prevalente notizie relative a un’accusa poi smentita in sede definitiva, senza aggiornamenti sull’esito finale del procedimento. Inoltre, l’interessato non rivestiva un ruolo pubblico o una notorietà tale da giustificare la persistente accessibilità di informazioni ormai non più attuali sotto il profilo giudiziario.
Il principio secondo cui la deindicizzazione è autonoma dalla rimozione dell’articolo
Un ulteriore aspetto affrontato dalla Corte concerne il rapporto tra deindicizzazione e cancellazione dei contenuti dagli archivi originari. La sentenza ribadisce che la deindicizzazione può essere richiesta e concessa anche senza che sia necessaria la rimozione integrale della notizia dai siti che la ospitano. In sostanza, il diritto all’oblio opera sulla visibilità dell’informazione nei risultati di ricerca associati al nominativo dell’interessato, senza incidere direttamente sull’esistenza del contenuto nella sua fonte originaria.
La funzione della deindicizzazione, infatti, è quella di limitare la diffusione massiva e automatica dell’informazione su scala globale, che il motore di ricerca alimenta attraverso l’indicizzazione algoritmica. Proprio su questa distinzione si innesta il ragionamento della Corte nel qualificare Google quale autonomo titolare del trattamento, tenuto a operare un proprio bilanciamento caso per caso sulle richieste di delisting.
Le difese di Google nel giudizio di legittimità
Nel corso del procedimento, Google LLC ha sostenuto la legittimità del trattamento, argomentando che l’indicizzazione degli URL contestati rispondeva ancora a un interesse informativo pubblico. In particolare, la difesa tecnica affidata agli avvocati Marco Berliri, Michele Traversa, Erika De Santis e Massimiliano Masnada ha sottolineato come il pubblico continui ad avere un diritto di accesso a notizie che, pur risalenti, sono collegate a fatti di interesse collettivo, quali vicende giudiziarie concernenti fenomeni di criminalità organizzata.
La Corte, pur riconoscendo la rilevanza generale del diritto di cronaca, ha tuttavia ritenuto che il Tribunale di merito avesse operato un bilanciamento non corretto. In particolare, non aveva adeguatamente considerato né il tempo decorso dai fatti, né l’intervenuta assoluzione definitiva, né la mancata attualizzazione delle notizie con i successivi sviluppi giudiziari. Da qui la decisione di cassare la sentenza impugnata e rinviare il procedimento per un nuovo esame alla luce dei principi stabiliti.
L’inquadramento sistematico del diritto all’oblio
La sentenza si inserisce in un percorso giurisprudenziale ormai consolidato che riconosce come il diritto all’oblio costituisca un aspetto della più ampia tutela dei dati personali e della dignità individuale nell’ambiente digitale. La progressiva stratificazione delle pronunce della Corte di Cassazione e della Corte di Giustizia UE ha portato a chiarire che non esiste un diritto assoluto alla cancellazione automatica delle notizie dal web, ma che ogni situazione va valutata in concreto, considerando gli interessi contrapposti.
Nel caso di specie, l’assoluzione definitiva e il venir meno di ogni attualità hanno fatto propendere per la prevalenza dell’interesse individuale a non essere permanentemente associato, attraverso la ricerca nominativa, a notizie superate o incomplete. Allo stesso tempo, resta fermo che la notizia in sé, per chi la consulti attraverso gli archivi editoriali senza l’ausilio del motore di ricerca, continua a essere disponibile.
La pronuncia n. 14488/2025 offre ulteriori precisazioni operative per i futuri contenziosi in materia di cancellazione di notizie da Google, eliminazione di informazioni personali dal motore di ricerca, e più in generale di tutela della reputazione digitale.
Essa ribadisce che la deindicizzazione di URL e il delisting rappresentano strumenti distinti dalla cancellazione integrale dei contenuti, e che il criterio dirimente resta quello della proporzionalità, valutato alla luce dell’attualità, pertinenza e verità dei dati, nonché della posizione sociale dell’interessato.
Si tratta quindi di un ulteriore tassello nella costruzione di una giurisprudenza che tende a definire in modo sempre più articolato le modalità con cui un soggetto può cancellare notizie da internet, rimuovere dati personali da Google e togliere notizie dal web quando queste, per il tempo trascorso o per il mutamento del quadro fattuale, non rappresentano più fedelmente la realtà attuale dell’individuo.