Invocare il diritto all’oblio per cancellare notizie da Google

Invocare il diritto all’oblio per cancellare notizie da Google

By Alessio Di Lella

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Il diritto all’oblio è un concetto relativamente recente, ma la sua importanza è emersa con forza in un mondo sempre più digitalizzato, dove le informazioni personali possono rimanere accessibili per anni, indipendentemente dalla loro rilevanza attuale. Oggi il diritto all’oblio viene invocato per cancellare notizie da Google e rimuovere informazioni obsolete, pregiudizievoli e sensibili dai comuni motori di ricerca. La sua genesi giuridica trova radici nella storica sentenza della Corte di Giustizia dell’Unione Europea nel caso Costeja/Google (C-131/12). Mario Costeja González, un cittadino spagnolo, aveva richiesto la rimozione di link associati al suo nome relativi a una vecchia vicenda debitoria, ormai risolta, ma ancora reperibile online. La Corte, nel 2014, riconobbe per la prima volta che i motori di ricerca sono titolari del trattamento dei dati personali e, in quanto tali, hanno il dovere di garantire che tali dati siano adeguati, pertinenti e non eccedenti rispetto alle finalità del trattamento, in conformità all’articolo 6 del GDPR.

Questa sentenza ha stabilito un precedente rivoluzionario, ponendo le basi per il diritto alla deindicizzazione e imponendo ai motori di ricerca un ruolo attivo nella protezione della privacy.

In Italia, un caso altrettanto significativo è quello della sentenza Google – Pezzano, che ha consolidato l’applicazione del diritto all’oblio a livello nazionale. L’ingegnere informatico Adriano Pezzano, con il patrocinio dello Studio Legale Parente Bianculli di Roma, si era rivolto alla giustizia per chiedere la rimozione di articoli legati al suo nome e associati a vicende giudiziarie concluse senza condanne. La Corte di Cassazione, con una decisione che ha fatto scuola, ha ribadito che il diritto all’informazione, pur essendo costituzionalmente garantito, non può prevalere in eterno sulla dignità e sulla privacy di un individuo.

La sentenza ha chiarito che il decorso del tempo e l’assenza di un interesse pubblico attuale sono elementi determinanti per giustificare la rimozione di contenuti da Internet. Questo approccio ha contribuito a definire un quadro normativo e giurisprudenziale più chiaro, rafforzando il diritto alla riservatezza in un’epoca in cui la permanenza delle informazioni online può avere conseguenze devastanti sulla vita delle persone.

Istruzioni per la Richiesta di Rimozione di Informazioni da Google e Bing

Per esercitare il diritto all’oblio, il primo passo è interagire con i motori di ricerca attraverso strumenti dedicati. Google offre un modulo online, accessibile al link https://reportcontent.google.com/forms/rtbf. Questo modulo consente agli utenti di specificare i link che desiderano deindicizzare e di spiegare perché tali contenuti violano i principi di pertinenza, esattezza o attualità. Una volta presentata la richiesta, si entra in contatto con il Team di Google per poter fornire ulteriori documenti affinché la stessa richiesta sia valutata correttamente. Il modulo Google per il diritto all’oblio include una sezione dedicata alla motivazione, dove è essenziale dimostrare come la permanenza di tali contenuti pregiudichi la reputazione o la privacy dell’interessato. Ad esempio, è utile indicare come i contenuti negativi quali le notizie di giornale abbiano causato difficoltà lavorative, personali o legali, evidenziando l’assenza di un interesse pubblico attuale.

Anche Bing, il motore di ricerca di Microsoft, mette a disposizione un modulo simile, raggiungibile al link https://www.bing.com/webmaster/tools/eu-privacy-request. Qui, gli utenti devono fornire dettagli specifici sui contenuti da rimuovere, spiegando come tali informazioni siano obsolete o lesive. Rispetto a Google, Bing offre una struttura leggermente diversa, con un focus maggiore sull’identificazione del richiedente e sul contesto in cui le informazioni sono state pubblicate. È fondamentale completare con attenzione entrambi i moduli, poiché errori o documentazione insufficiente possono portare a ritardi nella valutazione o al rigetto della richiesta.

In entrambi i casi, le aziende esaminano la richiesta bilanciando il diritto alla privacy con l’interesse pubblico all’accesso alle informazioni.

Cenni Giuridici sul Diritto all’Oblio in Italia e la Legge Cartabia

In Italia, il diritto all’oblio ha trovato un nuovo slancio con l’introduzione della Legge Cartabia, che ha profondamente innovato il panorama normativo, introducendo meccanismi di tutela automatica in ambiti specifici. Tra le disposizioni più rilevanti vi è l’introduzione della “deindicizzazione automatica”, che obbliga i motori di ricerca a rimuovere determinati contenuti senza necessità di un’istanza da parte degli interessati. Questa norma si applica, ad esempio, a vicende giudiziarie concluse con l’assoluzione o con l’estinzione del reato per prescrizione. La legge mira a evitare che i cittadini debbano intraprendere azioni legali complesse per esercitare un diritto fondamentale.

Questo approccio risponde alla necessità di bilanciare due principi fondamentali: da un lato, il diritto all’informazione e alla trasparenza; dall’altro, la protezione della dignità e della reputazione individuale. La deindicizzazione automatica rappresenta un progresso significativo in quanto semplifica la protezione della privacy e riduce il carico amministrativo e burocratico per i cittadini. Tuttavia, la Legge Cartabia ha anche suscitato dibattiti, con alcuni che temono che un’applicazione troppo ampia possa limitare l’accesso alle informazioni di interesse pubblico. Nonostante queste critiche, la normativa è un esempio di come il diritto possa adattarsi alle sfide poste dall’era digitale: grazie a questa nuova legge, è possibile rimuovere notizie da Google in maniera più agevole.

Alcuni interessanti provvedimenti del Garante della Privacy pubblicati nel 2024

Negli ultimi mesi, il Garante della Privacy ha adottato una serie di provvedimenti che definiscono un approccio sempre più articolato al diritto all’oblio, intervenendo su questioni legate alla deindicizzazione di contenuti lesivi, obsoleti o non pertinenti. Ecco cinque casi emblematici che mettono in evidenza come il Garante bilanci il diritto alla riservatezza e l’interesse pubblico all’informazione.

Provvedimento del 6 giugno 2024 (doc. web 10048956)

Un magistrato ha richiesto la deindicizzazione di URL relativi a un procedimento disciplinare risalente al 2000. Il Garante ha accolto il reclamo, evidenziando che i contenuti erano ormai privi di rilevanza pubblica e che la loro permanenza online arrecava un danno reputazionale ingiustificato al reclamante. Ha quindi ordinato a Google di rimuovere uno dei due URL indicati, confermando il diritto all’oblio in presenza di contenuti obsoleti e non pertinenti. Questo caso ha riaffermato i principi sanciti dall’articolo 5 del GDPR, in particolare quelli di minimizzazione e limitazione della conservazione dei dati. Clicca qui per leggere il provvedimento completo.

Provvedimento del 9 maggio 2024 (doc. web 10027521)

Un influencer, attivo fino al 2020, ha chiesto la rimozione di contenuti legati alla sua vecchia attività sui social network. Nonostante avesse sospeso i propri account da anni, le informazioni continuavano a essere accessibili tramite ricerche su Google, pregiudicando le sue opportunità professionali. Il Garante ha accolto il reclamo, ordinando la deindicizzazione di numerosi URL e la rimozione di termini specifici dalle funzioni di completamento automatico. Il provvedimento ha sottolineato che l’interesse pubblico deve essere valutato in relazione al contesto attuale e che la reputazione personale prevale quando i contenuti non sono più attuali. Clicca qui per leggere il provvedimento completo.

Provvedimento del 24 aprile 2024 (doc. web 10027483)

Un privato cittadino ha presentato un reclamo per la deindicizzazione di URL che riportavano dettagli su una condanna estinta. Il Garante ha stabilito che, essendo trascorso un tempo significativo e non sussistendo più un interesse pubblico, i motori di ricerca dovevano rimuovere i link contestati. Questo provvedimento evidenzia come il decorso del tempo e la riabilitazione giudiziaria abbiano un peso cruciale nella tutela della dignità personale. Clicca qui per leggere il provvedimento completo.

Provvedimento del 23 maggio 2024 (doc. web 10033086)

Una lavoratrice ha richiesto la rimozione del proprio nominativo dal sito di un’università, dove era stato pubblicato senza il suo consenso in un contesto professionale ormai superato. Il Garante ha dichiarato illegittimo il trattamento dei dati personali e ha ingiunto a Google di deindicizzare il contenuto dai risultati di ricerca. Questo caso ribadisce l’importanza della pertinenza e della minimizzazione dei dati nel trattamento online. Clicca qui per leggere il provvedimento completo.

Provvedimento del 24 aprile 2024 (doc. web 10043417)

Un docente universitario ha reclamato la rimozione di un URL relativo a presunte irregolarità in un concorso pubblico risalente al 2017/2018. Nonostante l’assenza di procedimenti giudiziari o disciplinari, tali informazioni continuavano a influenzare negativamente la sua reputazione accademica. Il Garante ha accolto il reclamo, ordinando a Google di rimuovere l’URL, evidenziando che l’interesse pubblico alla trasparenza non giustificava più la diffusione del contenuto, ormai privo di rilevanza. Clicca qui per leggere il provvedimento completo.

Linee Guida Europee sull’applicazione del diritto all’oblio nei casi dei motori di ricerca

Le Linee Guida 5/2019 dell’European Data Protection Board (EDPB) rappresentano un documento fondamentale per l’applicazione pratica del diritto all’oblio in ambito europeo, con un focus specifico sui motori di ricerca e sui casi nei quali i richiedenti vogliono cancellare notizie da internet. Queste linee guida sono il risultato di un’elaborazione giuridica che mira a chiarire il quadro normativo introdotto dal Regolamento Generale sulla Protezione dei Dati (GDPR), in particolare l’articolo 17, che disciplina il diritto alla cancellazione (o diritto all’oblio). Si concentrano principalmente sulle implicazioni legate alla deindicizzazione di contenuti da piattaforme come Google e Bing, evidenziando i criteri per determinare quando un URL o una serie di informazioni debba essere rimosso.

Principi Fondamentali

Le Linee Guida stabiliscono che il diritto all’oblio non è assoluto e deve essere bilanciato con il diritto alla libertà di espressione e di informazione, garantito dall’articolo 11 della Carta dei Diritti Fondamentali dell’Unione Europea. I motori di ricerca, essendo responsabili del trattamento dei dati personali indicizzati, sono chiamati a valutare ogni richiesta di deindicizzazione caso per caso, tenendo conto di una serie di criteri definiti.

I principali criteri includono:

  • Pertinenza e attualità delle informazioni: Le informazioni devono essere rilevanti rispetto al contesto attuale. La persistenza di contenuti obsoleti o non più pertinenti può giustificare la loro rimozione.
  • Esattezza e aggiornamento: Contenuti inesatti, incompleti o non aggiornati devono essere rimossi, poiché la loro presenza può risultare lesiva della dignità e reputazione del soggetto.
  • Interesse pubblico: L’interesse pubblico è un fattore chiave nella valutazione. Informazioni riguardanti personalità pubbliche o eventi di interesse generale possono giustificare la loro permanenza online.
  • Trascorrere del tempo: Il tempo gioca un ruolo determinante. La rilevanza e l’interesse pubblico di un’informazione possono diminuire con il passare degli anni, rendendo necessario il diritto alla deindicizzazione.
  • Ambito di Applicazione

Le Linee Guida si concentrano principalmente sui motori di ricerca come Google, Bing e altri servizi simili, che fungono da “controllori” dei dati indicizzati. Questi soggetti devono rispettare il principio di responsabilità (accountability), dimostrando di avere processi adeguati per gestire le richieste di rimozione in conformità con il GDPR.

Un aspetto importante riguarda la distinzione tra la deindicizzazione (rimozione di link dai risultati di ricerca) e la cancellazione del contenuto alla fonte. Le Linee Guida chiariscono che i motori di ricerca non possono essere ritenuti responsabili per il contenuto originariamente pubblicato su un sito web, ma solo per la sua reperibilità tramite ricerche correlate al nominativo dell’interessato.

Casi Specifici

Le Linee Guida forniscono esempi concreti per illustrare come applicare i principi di deindicizzazione:

  • Procedimenti penali e giudiziari: In relazione a reati commessi, le informazioni possono essere rimosse se il reato è stato estinto o se l’interessato è stato assolto. Tuttavia, l’interesse pubblico deve essere valutato caso per caso.
  • Contenuti diffamatori o pregiudizievoli: URL che riportano informazioni diffamatorie o false possono essere deindicizzati immediatamente, se l’interessato fornisce prove sufficienti a supporto della sua richiesta.
  • Dati sensibili: Per i dati particolarmente delicati, come quelli relativi alla salute, all’etnia o all’orientamento sessuale, le richieste di deindicizzazione sono trattate con particolare attenzione, in linea con gli articoli 9 e 10 del GDPR.

Processo Decisionale dei Motori di Ricerca

I motori di ricerca devono valutare ogni richiesta in modo individuale, bilanciando i diritti dell’interessato con il diritto alla libertà di espressione e informazione. Hanno l’obbligo di motivare le decisioni in caso di rigetto, offrendo all’interessato la possibilità di rivolgersi all’Autorità di protezione dei dati o alle autorità giudiziarie. Devono altresì assicurare trasparenza e conformità con il GDPR, mantenendo registri dettagliati delle richieste e delle decisioni adottate.

Ruolo delle Autorità di Protezione dei Dati

Le Linee Guida sottolineano il ruolo cruciale delle Autorità di protezione dei dati, come il Garante della Privacy in Italia, nella supervisione delle decisioni prese dai motori di ricerca. Le Autorità possono essere interpellate dagli interessati in caso di diniego ingiustificato alla deindicizzazione. Esse hanno il compito di garantire che le decisioni rispettino i principi di proporzionalità e ragionevolezza, intervenendo nei casi di conflitto.

Le Linee Guida 5/2019 dell’EDPB rappresentano uno strumento indispensabile per garantire un’applicazione uniforme e trasparente del diritto all’oblio nei motori di ricerca. Esse pongono le basi per un dialogo costruttivo tra cittadini, motori di ricerca e autorità, assicurando che i diritti fondamentali siano adeguatamente tutelati nell’era digitale.

Cancellare notizie da Google: 3 link utili che ti potrebbero interessare

Cancellare notizie da internet – la guida di Punto Informatico: un interessante approfondimento su tutte le sfaccettature dei processi di cancellazione di notizie da internet, con analisi step-by-step dei motori di ricerca e delle principali piattaforme online come LinkedIn, Facebook e YouTube.

Cancellare notizie da internet – lo Speciale di La Repubblica: in questo articolo troverete una intervista agli Avvocati Domenico Bianculli ed Angelica Parente di Cyber Lex, società specializzata in web reputation e rimozione di informazioni lesive dal web.

Panoramica sul diritto all’oblio – la guida di Approfondimento Google: Google spiega quali processi decisionali adotta per gestire le richieste di rimozione, valutando se le informazioni in questione sono “inesatte, inadeguate, irrilevanti o eccessive” e se è di interesse pubblico che tali informazioni restino disponibili nei risultati di ricerca.

Cancellare notizie da Google: 7 domande frequenti che ti potrebbero interessare

  1. Che cos’è il diritto all’oblio?
    Il diritto all’oblio consente agli individui di richiedere la rimozione o la deindicizzazione di informazioni personali obsolete o non più rilevanti dai risultati di ricerca online.
  2. Come posso cancellare notizie da Google?
    Puoi utilizzare il modulo dedicato di Google disponibile al link https://reportcontent.google.com/forms/rtbf. Compila tutte le informazioni richieste, specificando i link e fornendo documentazione a supporto.
  3. Qual è la differenza tra deindicizzazione e cancellazione?
    La deindicizzazione rimuove i risultati dai motori di ricerca come Google o Bing, ma il contenuto rimane visibile sul sito originale. La cancellazione implica la rimozione del contenuto direttamente alla fonte.
  4. Quando posso chiedere la deindicizzazione di un URL?
    Puoi farlo quando le informazioni sono obsolete, inesatte o lesive della tua reputazione, oppure quando non vi è più un interesse pubblico alla loro diffusione.
  5. Quali documenti devo fornire per una richiesta di deindicizzazione?
    È necessario allegare un documento d’identità per verificare l’identità del richiedente e, se possibile, documentazione che dimostri l’obsolescenza o il pregiudizio causato dai contenuti.
  6. Cosa fare se Google o Bing respingono la mia richiesta?
    Puoi presentare un reclamo al Garante della Privacy o adire le vie legali, specificando le ragioni per cui ritieni che la tua richiesta debba essere accolta.
  7. La deindicizzazione è sempre garantita?
    No, la deindicizzazione dipende da una valutazione caso per caso, che tiene conto dell’interesse pubblico e del bilanciamento tra privacy e diritto all’informazione.

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