Cancellare notizie da Google, le nuove norme

Cancellare notizie da Google, le nuove norme

By Alessio Di Lella

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Nel maggio 2014, la Corte di giustizia dell’Unione europea ha pronunciato una sentenza destinata a diventare pietra miliare nella tutela della reputazione online: si tratta della causa C‑131/12 Google Spain SL e Google Inc. contro Agencia Española de Protección de Datos (AEPD) e Mario Costeja González, con cui per la prima volta è stato riconosciuto il diritto, da parte di un cittadino europeo, a ottenere la deindicizzazione di contenuti lesivi associati al proprio nome.

In quel caso, Mario Costeja González aveva chiesto la rimozione da Google di link che rimandavano a un’asta giudiziaria per debiti condominiali, risalente a molti anni prima. La Corte stabilì che i motori di ricerca sono titolari autonomi del trattamento e che sono responsabili del trattamento dei dati personali indicizzati. Da allora si è iniziato a parlare di diritto all’oblio non solo come forma di tutela della riservatezza, ma come vera e propria facoltà di eliminare il proprio nome da Google, in presenza di determinati presupposti giuridici.

Il diritto all’oblio trova oggi fondamento normativo positivo nell’art. 17 del Regolamento (UE) 2016/679 (General Data Protection Regulation – GDPR), rubricato “Diritto alla cancellazione (diritto all’oblio)”, il quale riconosce agli interessati il diritto di ottenere dal titolare del trattamento la cancellazione dei dati personali che li riguardano senza ingiustificato ritardo, qualora, ad esempio, i dati non siano più necessari rispetto alle finalità per cui erano stati raccolti, ovvero l’interessato revochi il consenso o si opponga al trattamento.

Ai sensi del paragrafo 2, il titolare che abbia reso pubblici i dati è altresì tenuto a informare altri titolari del trattamento dell’avvenuta richiesta, anche con riguardo a eventuali link, copie o riproduzioni dei dati personali.

Tuttavia, la concreta applicazione del diritto all’oblio ha scontato sin da subito l’asimmetria tra le fonti giuridiche e la capillarità dell’informazione online, alimentata da motori di ricerca, testate giornalistiche e archivi digitali, che spesso rendono inefficace il tentativo di cancellare notizie da internet.

La riforma Cartabia e l’art. 64-ter c.p.p.: come funziona oggi il diritto alla deindicizzazione

A livello nazionale, un passaggio importante è stato segnato dalla cosiddetta riforma Cartabia, entrata in vigore il 1° gennaio 2023. Con il D.Lgs. 10 ottobre 2022, n. 150, e in particolare con l’art. 41, comma 1, lettera h), è stato introdotto il nuovo articolo 64-ter delle disposizioni di attuazione del codice di procedura penale, rubricato “Diritto all’oblio degli imputati e delle persone sottoposte ad indagini”.

Tale disposizione ha rappresentato una svolta concreta: la persona nei cui confronti sia stata pronunciata una sentenza di proscioglimento, di non luogo a procedere o un provvedimento di archiviazione, può oggi richiedere che sia preclusa l’indicizzazione o che sia disposta la deindicizzazione sulla rete internet dei dati personali riportati nella decisione giudiziaria, ai sensi e nei limiti dell’art. 17 del GDPR. In base al comma 2, se si richiede la preclusione dell’indicizzazione, la cancelleria del giudice appone e sottoscrive un’annotazione, recante la formula: “Ai sensi e nei limiti dell’articolo 17 del regolamento (UE) 2016/679, è preclusa l’indicizzazione del presente provvedimento rispetto a ricerche condotte sulla rete internet a partire dal nominativo dell’istante.” Nel caso, invece, si voglia ottenere la vera e propria deindicizzazione, ai sensi del comma 3, l’annotazione apposta dalla cancelleria recita: “Il presente provvedimento costituisce titolo per ottenere, ai sensi e nei limiti dell’articolo 17 del regolamento (UE) 2016/679, un provvedimento di sottrazione dell’indicizzazione, da parte dei motori di ricerca generalisti, di contenuti relativi al procedimento penale, rispetto a ricerche condotte a partire dal nominativo dell’istante.

È fondamentale chiarire che la deindicizzazione non equivale alla cancellazione. Si tratta, piuttosto, di un’operazione che impedisce ai motori di ricerca di associare direttamente un contenuto – in sé ancora presente nel web – a una determinata persona. Pertanto, il contenuto può continuare a esistere, ma non comparirà più tra i risultati di ricerca associati al nome dell’interessato. In giurisprudenza, la Cassazione civile, sentenza n. 9147/2020, ha descritto il diritto all’oblio come “il diritto a non rimanere esposti senza limiti di tempo e spazio a una rappresentazione non più attuale della propria persona, con pregiudizio alla reputazione e alla riservatezza”.

E proprio in questo risiede l’insufficienza del sistema vigente: non basta deindicizzare, se poi la notizia è accessibile digitando un dettaglio del processo, il nome di un coimputato o una data.

Senza contare che l’intelligenza artificiale, sfruttando correlazioni semantiche e link secondari, è oggi in grado di ricostruire l’identità dell’interessato nonostante la deindicizzazione formale.

È proprio a partire da queste criticità che si inserisce la proposta di legge presentata nell’aprile 2025 dalla deputata Simonetta Matone, ex magistrato, volta a garantire una maggiore tutela della reputazione per coloro che siano stati prosciolti o archiviati. Secondo quanto anticipato, la proposta – attualmente in attesa di pubblicazione ufficiale – mira a imporre ai media l’obbligo di pubblicare le sentenze di proscioglimento accanto alla notizia originaria, e a rafforzare il meccanismo della deindicizzazione obbligatoria, introducendo forse nuovi strumenti di cancellazione per notizie non più attuali. Una posizione condivisa anche dal deputato Enrico Costa, il quale ha denunciato l’inefficacia pratica della riforma Cartabia, sottolineando che, per chi esercita un ruolo pubblico, la cancellazione delle notizie è quasi sempre negata dai motori di ricerca, in nome dell’interesse generale all’informazione.

Infatti, come affermato anche nelle Linee guida WP29 e ribadito dalla Corte di giustizia UE nella sentenza C-136/17, il diritto all’oblio deve essere bilanciato con il diritto alla libertà d’espressione e di informazione. Il Comitato europeo per la protezione dei dati (EDPB) ha chiarito che politici, alti funzionari pubblici, imprenditori e professionisti iscritti ad albi svolgono un ruolo nella vita pubblica e, pertanto, sono soggetti a un livello inferiore di protezione, in nome della trasparenza e della responsabilità. Tuttavia, questo principio non può essere applicato in modo meccanico e generalizzato, specie nei casi in cui la notizia originaria sia divenuta manifestamente inesatta, come affermato dalla CGUE nella causa C-460/20, dove si è stabilito che un link può essere deindicizzato qualora il soggetto dimostri l’inattendibilità manifesta del contenuto indicizzato.

LINK UTILI:

Deindicizzazione oltre i confini UE: limiti territoriali e margini di espansione

Un aspetto particolarmente delicato riguarda la portata territoriale della deindicizzazione. Secondo la sentenza della Corte di giustizia UE, C-507/17 (Google LLC c. CNIL), il gestore del motore di ricerca non è tenuto a effettuare la deindicizzazione in tutte le versioni del motore stesso, bensì solo in quelle accessibili dagli Stati membri dell’Unione. Tuttavia, la Cassazione italiana, con ordinanza n. 34658/2022, ha affermato che lo Stato può – conformemente ai propri standard nazionali di protezione – richiedere che la deindicizzazione venga estesa anche a versioni extra-UE, soprattutto quando il bilanciamento dei diritti coinvolti lo renda necessario. Un’interpretazione che apre interessanti spiragli, sebbene rimanga difficile da attuare concretamente senza la collaborazione del titolare del motore di ricerca.

La disciplina prevista dall’art. 64-ter c.p.p. è indubbiamente un passo avanti rispetto al passato, in cui l’interessato doveva rivolgersi all’Autorità Garante per la protezione dei dati personali oppure promuovere un’azione civile ordinaria, con tempi e costi tutt’altro che trascurabili. Oggi è sufficiente rivolgersi alla cancelleria del giudice che ha emesso il provvedimento, purché la richiesta sia tempestiva. Tuttavia, il provvedimento della cancelleria non prevede mezzi di impugnazione espliciti, e in caso di inerzia si apre la strada al ricorso per ottemperanza al TAR, secondo alcuni autori. Anche le modalità di notifica del provvedimento e gli effetti concreti sulle testate giornalistiche rimangono, ad oggi, oggetto di prassi giurisprudenziale in evoluzione. In questi casi è bene farsi seguire da un avvocato esperto in materia.

Il diritto all’oblio rappresenta una conquista fondamentale per la tutela della dignità individuale nella società digitale. Tuttavia, la sua attuazione è ancora parziale e disomogenea. Cancellare notizie da Google o eliminare il proprio nome da internet rimane una chimera per chi non ha i mezzi o la competenza per affrontare un iter che, seppur snellito, resta complesso. Le linee guida europee, le pronunce delle Corti e la normativa italiana vanno armonizzate in un quadro coerente, che sappia garantire un effettivo equilibrio tra il diritto alla reputazione e la libertà di informazione. La proposta Matone si muove in questa direzione, ma occorrerà verificare se sarà in grado di trasformare la deindicizzazione da meccanismo tecnico a strumento reale di giustizia reputazionale, capace di restituire dignità a chi è stato definitivamente assolto ma continua a subire la condanna della rete.

Cancellare notizie da Google – 7 domande frequenti che ti potrebbero interessare

1. Come posso cancellare notizie da Google che mi riguardano?
Puoi presentare una richiesta di deindicizzazione direttamente al motore di ricerca (es. Google), compilando il modulo online dedicato. In alternativa, se sei stato prosciolto in sede penale, puoi avvalerti della procedura semplificata prevista dall’art. 64-ter delle disposizioni di attuazione al codice di procedura penale.

2. Cosa significa deindicizzare un link da Google?
Deindicizzare un link significa impedire che quel contenuto appaia tra i risultati di ricerca associati al tuo nome. Non equivale alla cancellazione del contenuto dal sito che lo ospita, ma solo alla sua rimozione dai motori di ricerca generalisti.

3. Posso eliminare completamente il mio nome da internet?
In linea generale no. È possibile richiedere la rimozione dei propri dati solo nei limiti previsti dal Regolamento (UE) 2016/679 e dalle normative nazionali. Il diritto alla cancellazione non è assoluto e deve essere bilanciato con la libertà di informazione e il legittimo interesse pubblico.

4. In quali casi posso esercitare il diritto all’oblio previsto dal GDPR?
Il diritto all’oblio si esercita nei casi previsti dall’art. 17 GDPR, ad esempio quando i dati personali non sono più necessari, quando è stato revocato il consenso, o quando il trattamento è illecito. In ambito penale, è possibile agire se si è stati archiviati o prosciolti.

5. Cosa cambia con la riforma Cartabia sul diritto all’oblio?
La riforma Cartabia ha introdotto l’art. 64-ter c.p.p., che consente a chi è stato assolto o archiviato di ottenere in pochi giorni un’annotazione della cancelleria del giudice, utile per richiedere la deindicizzazione dei dati personali dal web.

6. Google è obbligato a rimuovere i link in tutto il mondo?
No. Secondo la Corte di giustizia UE (sentenza C-507/17), Google è obbligato a deindicizzare i contenuti solo nelle versioni del motore di ricerca accessibili dall’Unione Europea, ma non è tenuto a farlo nelle versioni extra-UE, salvo diversa disciplina nazionale.

7. Cosa posso fare se la cancelleria non appone l’annotazione richiesta?
In caso di inerzia della cancelleria del giudice, è possibile valutare un ricorso per ottemperanza presso il Tribunale Amministrativo Regionale (TAR), trattandosi di un comportamento omissivo da parte della pubblica amministrazione.

FAC-SIMILE ISTANZA PER DEINDICIZZAZIONE AI SENSI DELL’ART. 64-TER C.P.P.

Al Tribunale di [CITTÀ]
Cancelleria Penale

Oggetto: Istanza di annotazione ai sensi dell’art. 64-ter delle disposizioni di attuazione al codice di procedura penale per la preclusione dell’indicizzazione / deindicizzazione del provvedimento giudiziario

Il sottoscritto/a
[Nome e cognome]
nato/a a [luogo di nascita] il [data]
residente in [indirizzo completo]
C.F. [codice fiscale]
difeso dall’Avv. [nome e cognome, con eventuale domicilio eletto]

PREMESSO CHE

– in data [gg/mm/aaaa] è stato emesso, nei propri confronti, dal Giudice per le indagini preliminari presso il Tribunale di [Città], il seguente provvedimento:
sentenza di proscioglimento ai sensi dell’art. [specificare] c.p.p.;
decreto di archiviazione del procedimento n. R.G.N.R. [numero] – R.G.G.I.P. [numero];
sentenza di non luogo a procedere ai sensi dell’art. 425 c.p.p.;

– tale provvedimento è divenuto definitivo e riguarda dati personali riferibili al sottoscritto;

– l’art. 64-ter disp. att. c.p.p., come introdotto dal D.Lgs. 10 ottobre 2022, n. 150, prevede che l’interessato possa richiedere alla Cancelleria del Giudice che ha emesso il provvedimento l’annotazione di preclusione dell’indicizzazione o di deindicizzazione, da intendersi quale titolo per ottenere la sottrazione dell’indicizzazione da parte dei motori di ricerca, ai sensi dell’art. 17 del Regolamento (UE) 2016/679 (GDPR);

TUTTO CIÒ PREMESSO

CHIEDE

che la Cancelleria di codesto Tribunale voglia apporre e sottoscrivere l’annotazione prevista:

☐ ai sensi del comma 2 dell’art. 64-ter disp. att. c.p.p., per precludere l’indicizzazione del provvedimento giudiziario rispetto a ricerche condotte in rete a partire dal nominativo dell’istante;

☐ ai sensi del comma 3 dell’art. 64-ter disp. att. c.p.p., per ottenere la deindicizzazione del provvedimento quale titolo da opporre ai motori di ricerca generalisti.

Si allega copia del provvedimento giudiziario.

[Luogo], [Data]
[Firma dell’interessato o del difensore]

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