La Banca si rifiuta di chiudere il conto corrente in rosso, cosa fare

La Banca si rifiuta di chiudere il conto corrente in rosso, cosa fare

By Alessio Di Lella

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Nel panorama bancario italiano, sempre più clienti si trovano ad affrontare situazioni in cui, dopo aver richiesto la chiusura del proprio conto corrente, si vedono rifiutati dalla banca per la presenza di un saldo negativo. Questo problema, oltre a generare confusione e disagio, può determinare l’accumulo di ulteriori spese e interessi non dovuti. La questione è di fondamentale importanza per la tutela del cliente e trova ampio spazio nella giurisprudenza e negli orientamenti dell’Arbitro Bancario Finanziario (ABF).

Il diritto alla chiusura del conto corrente è sancito dal codice civile e dalla normativa bancaria, che garantiscono al consumatore la possibilità di recedere dal contratto in ogni momento, indipendentemente dall’eventuale presenza di un saldo passivo. Tuttavia, numerosi istituti di credito continuano a opporre resistenza, adducendo giustificazioni non sempre legittime e rallentando l’effettiva chiusura dei rapporti bancari. In questo articolo analizzeremo i diritti del cliente, la normativa vigente, le pronunce dell’ABF e i possibili strumenti di tutela per chi si trova in questa spiacevole situazione.

Il diritto di chiudere il conto corrente e gli obblighi della banca

Il diritto di chiudere un conto corrente bancario è espressamente riconosciuto dal nostro ordinamento giuridico. L’articolo 1855 del codice civile, in combinato disposto con l’articolo 120-bis del Testo Unico Bancario (TUB), stabilisce che il correntista può recedere in qualsiasi momento dal rapporto contrattuale, senza necessità di motivazione e senza che la banca possa opporsi. Questo principio è stato ribadito più volte dall’Arbitro Bancario Finanziario, che ha confermato come la chiusura del conto sia un diritto potestativo del cliente, esercitabile in forma unilaterale. In altre parole, il cliente non deve ottenere il consenso dell’istituto di credito per recedere dal contratto, ma deve semplicemente comunicare la propria volontà tramite una richiesta scritta, preferibilmente a mezzo raccomandata A/R o PEC.

La banca, dal canto suo, ha l’obbligo di dar seguito a tale richiesta in un termine congruo e ragionevole, in genere non superiore a quindici giorni lavorativi.

Purtroppo, nella prassi si riscontrano spesso ritardi e inadempienze da parte delle banche, che talvolta rifiutano di chiudere il conto per la presenza di un saldo negativo o per la necessità di verificare eventuali pendenze. Questo comportamento è stato ripetutamente censurato dall’ABF e dalla giurisprudenza di merito, che hanno sottolineato come il diritto del cliente alla chiusura del conto non possa essere subordinato ad alcuna condizione.

La banca, infatti, ha sempre la possibilità di richiedere il pagamento delle somme dovute con strumenti alternativi, ma non può in alcun modo vincolare il recesso del cliente all’integrale estinzione del saldo passivo. Ogni addebito effettuato successivamente alla richiesta di chiusura, se derivante esclusivamente dall’inerzia dell’istituto di credito, è da considerarsi illegittimo e potenzialmente rimborsabile al cliente.

La chiusura del conto corrente con saldo negativo: limiti e obblighi

Un aspetto particolarmente controverso riguarda la possibilità di chiudere un conto corrente che presenti un saldo negativo. Molti istituti di credito si oppongono a tale chiusura, sostenendo che l’estinzione del conto sia subordinata al ripianamento del debito. Tuttavia, questo approccio è in contrasto con gli orientamenti giurisprudenziali e con le decisioni dell’Arbitro Bancario Finanziario. Secondo una consolidata interpretazione normativa, la cessazione del rapporto di conto corrente non è in alcun modo condizionata dalla sussistenza di una passività.

La chiusura del conto determina semplicemente la cristallizzazione del debito, che diviene liquido ed esigibile da parte della banca, ma non può costituire motivo per ritardare o impedire il recesso del cliente.

Un esempio concreto di questa posizione è rappresentato dalla decisione del Collegio ABF di Napoli, che ha espressamente dichiarato illegittima la prassi di alcune banche di non consentire la chiusura di conti in rosso. Secondo il Collegio, la chiusura del conto è un diritto irrinunciabile del cliente e deve avvenire nei tempi previsti dalla normativa, indipendentemente dall’esistenza di pendenze economiche. La banca, in questi casi, può agire per il recupero del credito con strumenti separati, ma non può trattenere il conto aperto e continuare ad addebitare costi e spese. Questo principio è stato ribadito anche dalla decisione ABF di Milano, che ha affermato che tutti gli oneri maturati dopo la richiesta di chiusura sono da considerarsi indebiti e devono essere rimborsati al cliente.

Strumenti di tutela per il cliente: il reclamo e il ricorso all’ABF

Se la banca ritarda ingiustificatamente la chiusura del conto o si rifiuta di procedere, il cliente ha diversi strumenti di tutela. Il primo passo consiste nell’invio di un reclamo formale, preferibilmente redatto con l’assistenza di un avvocato esperto in diritto bancario, in cui si richiede espressamente la chiusura immediata del conto e il rimborso di eventuali spese indebite. La banca è tenuta a rispondere entro trenta giorni, come previsto dalla normativa di settore. Se il reclamo non viene accolto o se la banca continua a ignorare la richiesta, il cliente può rivolgersi all’Arbitro Bancario Finanziario, un organismo di risoluzione stragiudiziale delle controversie tra clienti e intermediari finanziari.

L’ABF ha più volte condannato gli istituti di credito per il mancato rispetto dei tempi di chiusura dei conti correnti, stabilendo che il cliente ha diritto a un risarcimento in caso di ritardo ingiustificato. La presentazione del ricorso è semplice e può essere effettuata online attraverso il portale dell’ABF. Il cliente può agire in autonomia o farsi assistere da un avvocato. Il costo della procedura è contenuto e, in caso di accoglimento del ricorso, la banca è obbligata a conformarsi alla decisione dell’Arbitro. Il ricorso rappresenta quindi un’opzione efficace per far valere i propri diritti senza dover affrontare un contenzioso giudiziario.

Link utili:

  • Arbitro Bancario Finanziario (ABF) – Presentazione del Ricorso: Questo link conduce al portale ufficiale dell’ABF, dove è possibile presentare un ricorso online in modo autonomo. Il sito fornisce una procedura guidata per l’invio del ricorso e la gestione delle successive fasi della procedura. ​Arbitro Bancario Finanziario

  • Guida Pratica all’ABF: Questa guida offre informazioni dettagliate sul ruolo e le caratteristiche dell’ABF, nonché sulla procedura per presentare un ricorso. È una risorsa utile per comprendere meglio come funziona l’Arbitro Bancario Finanziario e come prepararsi al meglio per la presentazione di un ricorso. ​mediobanca.com

  • Modulo di Reclamo Bancario – Altroconsumo: Prima di rivolgersi all’ABF, è necessario presentare un reclamo formale alla propria banca o intermediario finanziario. Questo link fornisce un modello di lettera per il reclamo, che può essere personalizzato in base alla specifica situazione del cliente. ​altroconsumo.it

Orientamenti della giurisprudenza sulla chiusura del conto corrente e gli obblighi della banca

L’orientamento giurisprudenziale in materia di chiusura dei conti correnti è particolarmente chiaro nel riconoscere al cliente il diritto di recesso, anche in presenza di un saldo negativo. Diverse pronunce dell’Arbitro Bancario Finanziario e della magistratura ordinaria hanno censurato il comportamento degli istituti di credito che ritardano o negano la chiusura del rapporto bancario, ritenendolo in contrasto con i principi di buona fede e correttezza contrattuale.

Un caso emblematico è rappresentato dalla decisione dell’ABF Milano n. 2076/2013, che ha affermato in modo perentorio che la banca non può opporsi alla chiusura di un conto corrente anche in presenza di un saldo negativo. Il Collegio ha sottolineato che qualsiasi addebito effettuato dopo la ricezione della richiesta di chiusura è da considerarsi illegittimo e non dovuto.

Questa pronuncia ha rafforzato il principio secondo cui il cliente, una volta manifestata la volontà di chiudere il rapporto, non può essere costretto a mantenere aperto il conto contro la sua volontà​.

Anche il Collegio di Napoli dell’ABF, nella decisione n. 2359/2016, ha ribadito che la cessazione del rapporto di conto corrente si produce per effetto della dichiarazione recettizia del cliente e non può essere condizionata dalla presenza di un saldo negativo. Il Collegio ha chiarito che la banca può eventualmente avviare azioni per il recupero del credito, ma non può ritardare l’estinzione del rapporto né pretendere il pagamento delle spese di tenuta del conto maturate successivamente alla data di chiusura​.

Un ulteriore contributo è stato fornito dal Collegio ABF di Roma nella decisione n. 3091/2015, che ha sancito il principio per cui il diritto del cliente alla chiusura del conto corrente è incondizionato. In particolare, ha evidenziato che la banca, una volta ricevuta la richiesta di chiusura, ha l’obbligo di procedere senza ritardi ingiustificati, pena la possibilità per il cliente di ottenere il rimborso delle somme indebitamente addebitate e un eventuale risarcimento per il danno subito​.

Un altro importante riferimento normativo è dato dalla decisione dell’ABF Collegio di Roma n. 19846/2021, che ha censurato il comportamento di una banca che aveva ignorato ripetute richieste di chiusura del conto da parte del cliente. In questo caso, il ricorrente aveva inviato più solleciti via PEC senza ottenere risposta per mesi, fino a dover presentare un formale reclamo. Il Collegio ha stabilito che il ritardo della banca era contrario agli obblighi di diligenza professionale e di buona fede, confermando il diritto del cliente a ottenere la chiusura immediata del conto e il rimborso degli importi addebitati nel periodo successivo alla richiesta​.

Questi orientamenti giurisprudenziali dimostrano come il sistema bancario debba conformarsi al principio di correttezza contrattuale e rispettare il diritto del cliente a chiudere il proprio conto corrente senza subire ostacoli indebiti. L’inerzia degli istituti di credito, oltre a essere illegittima, può comportare per la banca conseguenze negative, tra cui l’obbligo di restituzione delle somme indebitamente trattenute e il risarcimento del danno in caso di accertata violazione dei diritti del consumatore.

Alla luce di quanto esposto, è evidente che il cliente ha un diritto pieno ed esclusivo alla chiusura del proprio conto corrente, indipendentemente dalla volontà della banca.

Qualsiasi resistenza da parte dell’istituto di credito è contraria alla normativa vigente e può essere contrastata con strumenti giuridici adeguati. Il primo passo da compiere è sempre quello di inoltrare una richiesta scritta di chiusura, seguita da un reclamo formale in caso di mancato riscontro. Se la banca persiste nel rifiuto, il ricorso all’ABF rappresenta una soluzione rapida ed efficace per ottenere giustizia.

È fondamentale che i clienti siano consapevoli dei propri diritti e non si lascino intimorire da atteggiamenti dilatori da parte degli istituti bancari. L’inerzia della banca non può trasformarsi in un danno economico per il consumatore, che deve sempre vigilare sull’applicazione corretta delle norme di settore. La giurisprudenza è chiara nel tutelare il diritto del correntista a recedere dal contratto in qualsiasi momento, senza penalità e senza ostacoli indebiti.

Per questo motivo, chi si trova in difficoltà può fare affidamento su strumenti di tutela giuridica efficaci e consolidati, garantiti sia dalla normativa nazionale che dagli orientamenti dell’Arbitro Bancario Finanziario.

Chiusura del conto corrente pignorato con mutuo o prestito garantito: vincoli e diritti del correntista

La chiusura di un conto corrente pignorato può diventare ancora più complessa quando sullo stesso conto passano le rate di un mutuo o di un finanziamento garantito, sia da un garante privato sia dallo Stato, come nel caso dei prestiti COVID garantiti dal Fondo di Garanzia MCC. La presenza di un pignoramento non annulla automaticamente l’obbligo del debitore di proseguire con il pagamento delle rate, né impedisce alla banca di agire per il recupero del credito in caso di mancato pagamento. Tuttavia, esistono regole precise che disciplinano la possibilità di chiudere il conto anche in queste circostanze.

Se il conto corrente è pignorato, la banca ha l’obbligo di vincolare le somme disponibili fino all’esaurimento del pignoramento. Questo significa che, se il saldo è positivo, gli accrediti possono essere immediatamente bloccati e destinati al creditore procedente, salvo le somme impignorabili previste per legge (come stipendi fino a una certa soglia). Tuttavia, se il conto è già in rosso, il pignoramento non ha alcun effetto pratico, perché non vi sono fondi da sequestrare. In entrambi i casi, la società correntista ha comunque il diritto di chiedere la chiusura del conto, e la banca non può subordinare la chiusura al ripianamento del debito residuo.

Nel caso di un mutuo o prestito con garante privato, come una persona fisica o una società terza, la banca, prima di chiudere il conto, potrebbe escutere il garante, richiedendogli di saldare il debito residuo delle rate non pagate. Se il garante interviene e copre il debito, il problema del saldo negativo si risolve, e la banca può procedere con la chiusura senza ulteriori ostacoli. Se invece il garante non paga immediatamente, la banca può avviare azioni esecutive nei suoi confronti, ma non può impedire la chiusura del conto, perché il rapporto di mutuo è separato dalla gestione del conto corrente.

Se invece il finanziamento è stato garantito dallo Stato, come nel caso dei prestiti COVID garantiti dal Fondo di Garanzia MCC, la procedura è diversa. La banca, in caso di insolvenza, può avviare la procedura per escutere la garanzia statale e ottenere il rimborso della parte coperta dal fondo. Questo meccanismo permette alla banca di recuperare il proprio credito senza gravare direttamente sulla società debitrice. Tuttavia, anche in questo scenario, la banca non può trattenere il conto corrente aperto per obbligare il cliente a ripianare il debito.

Una volta escussa la garanzia e determinata l’eventuale residua esposizione debitoria, la banca deve chiudere il conto su richiesta del cliente.

Un altro aspetto rilevante riguarda le rate ancora in corso. Se la società aveva impostato la domiciliazione delle rate sul conto pignorato e vuole chiuderlo, dovrà prima trasferire il pagamento su un altro conto, fornendo alla banca l’IBAN aggiornato. La banca non può impedire la chiusura del conto per il solo fatto che il mutuo o il prestito è ancora attivo, ma potrebbe richiedere che il cliente confermi la nuova modalità di pagamento per evitare problemi di insolvenza.

In sintesi, la chiusura di un conto pignorato con mutui o finanziamenti aperti è un diritto della società correntista, e la banca non può negarla per la sola esistenza di obblighi di pagamento in corso. Il pignoramento si esaurisce nel momento in cui le somme pignorate vengono trasferite al creditore o se il saldo è già negativo, mentre per i finanziamenti garantiti, la banca può solo escutere la garanzia e avviare il recupero del credito, senza poter trattenere il conto corrente attivo contro la volontà del cliente.

La banca si rifiuta di chiudere il conto corrente: 10 domande frequenti che ti potrebbero interessare

1. Cosa posso fare se la banca non vuole chiudere il mio conto corrente?
Se la banca si rifiuta di chiudere il conto, devi inviare una richiesta scritta formale tramite PEC o raccomandata A/R. Se non ricevi risposta entro i termini previsti, puoi presentare un reclamo all’istituto di credito. Se il problema persiste, hai diritto a presentare un ricorso all’Arbitro Bancario Finanziario (ABF) per far valere i tuoi diritti.

2. È possibile chiudere un conto corrente in rosso?
Sì. La giurisprudenza ha chiarito che la presenza di un saldo negativo non impedisce la chiusura del conto. L’istituto di credito non può subordinare la chiusura al ripianamento del debito, che rimarrà comunque dovuto e potrà essere richiesto separatamente dalla banca.

3. Quanto tempo ha la banca per chiudere il conto corrente?
Di norma, la banca deve chiudere il conto entro 15 giorni lavorativi dalla ricezione della richiesta del cliente, salvo casi particolari che richiedano più tempo per motivi tecnici o amministrativi. In caso di ritardi ingiustificati, il cliente può ottenere un risarcimento per il mancato rispetto delle tempistiche.

4. Cosa succede se la banca non chiude il conto e continuano ad arrivare addebiti?
Se la banca ritarda la chiusura senza una giustificazione valida, gli addebiti successivi alla richiesta di chiusura sono illeciti e possono essere contestati. Il cliente può chiedere la restituzione di tali somme e, in caso di mancato riscontro, può presentare un ricorso all’ABF.

5. Quanto tempo ha la banca per rispondere a un reclamo sulla chiusura del conto?
La banca è obbligata a rispondere a un reclamo formale entro 30 giorni dalla ricezione. Se non risponde o fornisce una risposta insoddisfacente, il cliente può procedere con un ricorso all’ABF o valutare un’azione legale.

6. Posso presentare un ricorso all’ABF se la banca non chiude il conto?
Sì, il ricorso all’Arbitro Bancario Finanziario (ABF) è uno strumento efficace e veloce per risolvere la controversia. Il ricorso può essere presentato online attraverso il portale dell’ABF e ha un costo di 20 euro, rimborsabile in caso di accoglimento.

7. Se la banca rifiuta la chiusura del conto, posso rivolgermi a un avvocato?
Sì, se la banca persiste nel rifiuto o non rispetta la normativa, puoi rivolgerti a un avvocato per valutare un’azione legale per il risarcimento del danno. Tuttavia, il primo passo consigliato è sempre il ricorso all’ABF, che è più rapido e meno oneroso rispetto a un giudizio civile.

8. Cosa devo fare se il mio conto ha domiciliazioni o carte di credito attive?
Prima di richiedere la chiusura del conto, è consigliabile revocare tutte le domiciliazioni e spostare eventuali addebiti su un altro conto. La banca non può rifiutare la chiusura per la presenza di domiciliazioni, ma potrebbe richiedere che il cliente fornisca un nuovo IBAN per la gestione degli addebiti.

9. Se il mio conto è cointestato, posso chiuderlo senza il consenso dell’altro titolare?
Dipende dal tipo di firma presente sul conto. Se il conto è a firma disgiunta, ogni intestatario può richiederne la chiusura autonomamente. Se il conto è a firma congiunta, serve il consenso di tutti i cointestatari per procedere alla chiusura.

10. Se la banca mi ha addebitato spese dopo la richiesta di chiusura, posso ottenere il rimborso?
Sì, gli addebiti successivi alla richiesta di chiusura sono illeciti, a meno che non derivino da operazioni effettuate prima della richiesta. Puoi chiedere alla banca il rimborso e, in caso di mancato riscontro, presentare un ricorso all’ABF per ottenere la restituzione delle somme ingiustamente addebitate.

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