Cosa devi fare se la banca ti chiude il conto corrente

Cosa devi fare se la banca ti chiude il conto corrente

By Alessio Di Lella

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Quando una banca decide di chiudere il conto corrente di un cliente, il primo passo formale che deve compiere è l’invio di una comunicazione scritta. Questa lettera, inviata tramite raccomandata A/R o Posta Elettronica Certificata (PEC), rappresenta una notifica ufficiale e obbligatoria, che la banca è tenuta a consegnare con un preavviso congruo. Tale obbligo deriva dal principio di buona fede e correttezza contrattuale stabilito dall’articolo 1375 del Codice Civile, nonché dall’obbligo di solidarietà sancito dall’articolo 2 della Costituzione. In genere, la giurisprudenza ha stabilito che il periodo di preavviso debba essere di almeno 15 giorni, per consentire al cliente di regolarizzare eventuali scoperti o altre irregolarità prima che il conto venga effettivamente chiuso. Tuttavia, esistono delle eccezioni a questo obbligo. In particolari situazioni di urgenza, come sospetti di frode o riciclaggio di denaro, la banca può decidere di agire in modo più tempestivo, anche senza rispettare i termini di preavviso usuali.

Ricevuta la lettera, il cliente dovrebbe immediatamente valutare le ragioni fornite dalla banca. È fondamentale leggere attentamente il contenuto della comunicazione per capire il motivo della chiusura e, se necessario, chiedere ulteriori chiarimenti. La banca ha l’obbligo di essere trasparente e di fornire una giustificazione chiara per la decisione di chiudere il conto. Se le ragioni indicate non appaiono fondate, o se il cliente ritiene che la chiusura sia arbitraria, il primo passo è quello di inviare una contro-lettera o una richiesta di spiegazioni alla banca. Questo è un momento cruciale, poiché in molti casi, la banca potrebbe essere disposta a riconsiderare la sua posizione, soprattutto se la chiusura è dovuta a motivi meno gravi, come un semplice scoperto o una dimenticanza nei pagamenti.

Un ulteriore passo che il cliente può compiere è rivolgersi ad un avvocato specializzato in diritto bancario. Questo passaggio è consigliabile nel caso in cui si sospetti che la banca stia agendo in violazione delle norme o che non stia rispettando gli obblighi informativi previsti dalla legge. L’avvocato potrà verificare se sono stati rispettati tutti i termini contrattuali e se la chiusura è legittima. In alcuni casi, potrebbe risultare utile anche inviare una diffida legale alla banca, chiedendo formalmente la sospensione della chiusura del conto fino a quando non saranno chiarite tutte le circostanze. Se la banca persiste nel suo intento di chiudere il conto nonostante la mancanza di motivazioni valide o la violazione di norme procedurali, il cliente ha il diritto di presentare un reclamo formale o di agire in sede giudiziaria, come esaminato nei prossimi paragrafi.

Recesso del conto corrente da parte della banca: diritti del cliente

Il recesso da parte della banca dal contratto di conto corrente è un’azione che, sebbene possibile in determinate circostanze, deve sempre rispettare rigorose normative. Secondo il Codice Civile italiano e le normative bancarie vigenti, la banca può recedere unilateralmente da un conto corrente se si verificano situazioni che compromettono la fiducia tra le parti o se il cliente non rispetta le clausole contrattuali sottoscritte al momento dell’apertura del conto. Tuttavia, tale recesso non può avvenire in modo arbitrario o senza preavviso, e deve sempre basarsi su motivazioni concrete. In particolare, l’assenza di preavviso, come previsto per legge e dai regolamenti contrattuali, o la mancanza di una motivazione valida può rendere il recesso illegittimo, dando così diritto al cliente di contestarlo formalmente.

Se il cliente si trova di fronte a una chiusura del conto senza giustificazioni valide o senza un preavviso congruo, ha diverse opzioni per tutelare i propri diritti. Il primo passo è presentare un reclamo formale alla banca, spiegando in modo dettagliato perché si ritiene che la chiusura del conto sia illegittima.

Questo reclamo deve essere inviato in forma scritta, possibilmente tramite PEC o raccomandata A/R, e deve contenere tutte le informazioni e i documenti rilevanti per dimostrare la propria posizione. La banca è tenuta a rispondere a tale reclamo entro 60 giorni dalla sua ricezione. Se la banca non risponde entro questo termine o se la risposta non è soddisfacente, il cliente può scegliere di intraprendere ulteriori azioni, come descritto più avanti.

È importante sottolineare che, anche in caso di recesso legittimo da parte della banca, il cliente ha comunque diritto a un trattamento equo. Questo significa che la banca deve garantire un tempo adeguato per chiudere tutte le operazioni in sospeso, come bonifici, addebiti diretti e altre transazioni collegate al conto corrente. Inoltre, la banca deve restituire al cliente eventuali fondi residui presenti sul conto, al netto delle spese e delle commissioni dovute. Qualora la banca non rispettasse questi obblighi, il cliente ha il diritto di richiedere un risarcimento per i danni subiti, sia in termini economici che morali.

Cosa succede se la banca chiude il conto corrente: conseguenze per il cliente

La chiusura di un conto corrente può avere effetti significativi sulla vita finanziaria di un cliente, specialmente se la decisione è presa senza preavviso o senza giustificazioni valide. Quando la banca chiude un conto, tutte le operazioni collegate vengono interrotte. Questo significa che i bonifici in entrata e in uscita, gli addebiti diretti per utenze, mutui, assicurazioni e altre spese ricorrenti vengono sospesi, causando potenzialmente gravi disagi. In alcuni casi, la chiusura improvvisa di un conto può comportare il mancato pagamento di rate di mutuo o di bollette, con conseguenze negative per il cliente, come penali o la segnalazione nelle centrali rischi.

Inoltre, la chiusura del conto corrente può causare problemi anche per l’accesso a servizi bancari futuri. Ad esempio, se la chiusura del conto avviene per problemi legati a scoperti non autorizzati o a una situazione di insolvenza, il cliente potrebbe essere segnalato presso le centrali rischi, come la Centrale Rischi della Banca d’Italia o la CRIF, rendendo difficile l’apertura di un nuovo conto presso altre banche o l’accesso a nuovi finanziamenti. Questa situazione può avere un impatto devastante sulla vita economica di una persona, specialmente se il conto corrente chiuso era l’unico mezzo attraverso il quale gestire le proprie entrate e uscite.

Se il cliente ritiene che la chiusura sia stata illegittima, può agire per difendere i propri diritti. Come descritto nel paragrafo precedente, il primo passo è presentare un reclamo formale alla banca, chiedendo la revoca della chiusura del conto e il risarcimento per eventuali danni subiti. Se la banca non risponde o se la risposta non è soddisfacente, il cliente può rivolgersi all’Arbitro Bancario Finanziario (ABF) o, nei casi più gravi, al giudice civile. In alcuni casi, è possibile chiedere un provvedimento d’urgenza al tribunale, soprattutto se la chiusura del conto comporta il rischio di danni irreparabili, come la perdita della casa o il fallimento di un’attività commerciale.

Chiusura conto corrente per antiriciclaggio: quando può accadere

Una delle ragioni per cui una banca può decidere di chiudere un conto corrente è legata ai sospetti di attività illecite, in particolare legate al riciclaggio di denaro o al finanziamento del terrorismo. La normativa antiriciclaggio italiana, disciplinata dal Decreto Legislativo 231/2007, impone alle banche di vigilare attentamente su tutte le operazioni effettuate dai propri clienti, con particolare attenzione a quelle di importi rilevanti o sospette per la loro natura. Se la banca rileva delle transazioni sospette, è tenuta a segnalare immediatamente la situazione alle autorità competenti, come la UIF (Unità di Informazione Finanziaria) della Banca d’Italia, che ha il compito di monitorare tali segnalazioni e, se necessario, avviare indagini approfondite.

La chiusura del conto per motivi legati all’antiriciclaggio può avvenire in modo quasi immediato, senza che la banca debba fornire un preavviso al cliente. Questo perché la normativa antiriciclaggio prevede che, in caso di sospetto fondato, la banca possa agire tempestivamente per evitare che eventuali attività illecite possano proseguire. Tuttavia, la banca deve comunque essere in grado di dimostrare che la chiusura del conto sia giustificata da elementi concreti, come operazioni sospette o collegamenti con soggetti a rischio. In caso contrario, il cliente ha diritto di contestare la chiusura e di chiedere la riapertura del conto, se dimostra che le accuse mosse dalla banca sono infondate.

Nel caso in cui un cliente si trovi nella situazione di avere il conto chiuso per motivi legati all’antiriciclaggio, è consigliabile rivolgersi immediatamente a un avvocato specializzato in materia bancaria e finanziaria. Un professionista potrà aiutare il cliente a presentare un reclamo alla banca o, se necessario, a rivolgersi alle autorità competenti per chiarire la propria posizione. È importante ricordare che, anche in caso di sospetti fondati, la banca ha l’obbligo di rispettare i diritti del cliente e di fornire, in seguito alla chiusura, una comunicazione chiara e motivata.

Come rivolgersi all’Arbitro Bancario e Finanziario per contestare la chiusura del conto corrente

L’Arbitro Bancario Finanziario (ABF) è un organismo indipendente che offre ai consumatori un’alternativa rapida ed economica alla giustizia ordinaria per risolvere controversie in materia di operazioni bancarie e finanziarie. L’ABF, istituito nel 2009, è composto da sette Collegi dislocati su tutto il territorio nazionale, e ogni cliente può rivolgersi al Collegio competente in base al proprio domicilio. Tra i vantaggi dell’ABF vi è la possibilità di presentare ricorso senza necessità di assistenza legale, sebbene sia comunque consigliabile rivolgersi a un avvocato specializzato per garantire che il ricorso sia redatto in modo corretto e completo.

Prima di poter presentare un ricorso all’ABF, il cliente deve aver tentato di risolvere la controversia direttamente con la banca, presentando un reclamo formale.

Solo se la banca non risponde entro 60 giorni o se la risposta ricevuta non è soddisfacente, il cliente può rivolgersi all’ABF. Il ricorso può essere presentato online, tramite il portale dell’Arbitro, o in forma cartacea. La procedura è interamente documentale, il che significa che le parti non devono comparire di persona, ma devono semplicemente presentare tutta la documentazione rilevante per il caso.

Una volta ricevuto il ricorso, l’ABF svolge una valutazione approfondita della situazione e, nel giro di pochi mesi, emette una decisione non vincolante, che può comunque essere rispettata dalle banche per evitare conseguenze reputazionali negative. Infatti, se una banca non rispetta la decisione dell’ABF, tale inadempimento viene reso pubblico sul sito dell’Arbitro e sul sito della banca stessa, causando un danno d’immagine che molte istituzioni finanziarie preferiscono evitare. Se il cliente ottiene una decisione favorevole, può richiedere alla banca il risarcimento dei danni o la riapertura del conto. In alternativa, se la banca persiste nel rifiuto, il cliente può procedere in sede giudiziaria, facendo valere la decisione dell’ABF come prova a proprio favore.

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