Chiedere il risarcimento del danno per responsabilità medica

Chiedere il risarcimento del danno per responsabilità medica

By Alessio Di Lella

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La responsabilità medica rappresenta una delle aree più delicate e complesse del diritto italiano, poiché coinvolge il rapporto di fiducia tra il paziente e il medico, oltre a questioni di natura sia civile che penale. Con il passare degli anni, la giurisprudenza ha contribuito a delineare i confini della responsabilità dei professionisti sanitari, sia in termini di colpa lieve che grave, arrivando a una sempre maggiore protezione dei diritti del paziente senza però compromettere la serenità operativa dei medici. La crescente consapevolezza dei diritti dei pazienti ha portato a una proliferazione di cause legate a presunti errori medici, rendendo cruciale la definizione di normative chiare ed efficaci.

Uno dei momenti di svolta in questo settore è rappresentato dalla Legge Gelli-Bianco (L. n. 24/2017), che ha rivoluzionato l’intero sistema della responsabilità medica, introducendo nuove regole sull’assicurazione obbligatoria per i professionisti sanitari e sulla possibilità di azione diretta contro l’assicuratore. Inoltre, la recente riforma Cartabia ha apportato modifiche significative alla normativa sulla prescrizione, ridefinendo i termini entro cui è possibile agire per ottenere il risarcimento dei danni subiti.

La mediazione obbligatoria è diventata uno strumento centrale nella risoluzione delle controversie, riducendo il ricorso ai tribunali e incentivando soluzioni più rapide ed efficienti. Nel presente articolo, esploreremo dettagliatamente i vari aspetti della responsabilità medica, analizzando sentenze di Cassazione, normative vigenti e fornendo un quadro chiaro delle implicazioni civili e penali legate agli errori medici.

Che tipo di responsabilità è quella medica?

La responsabilità medica può assumere forme diverse a seconda della natura del danno subito dal paziente e delle circostanze in cui tale danno si è verificato. Dal punto di vista civile, la responsabilità del medico è legata al concetto di obbligazione di mezzi, il che significa che il medico non è tenuto a garantire un risultato (la guarigione del paziente), ma deve impiegare tutti i mezzi necessari, secondo lo stato dell’arte della medicina, per cercare di ottenere il miglior esito possibile. In altre parole, il medico deve agire con diligenza, prudenza e perizia, seguendo i protocolli scientifici e le linee guida approvate. Tuttavia, se il medico, per negligenza, imprudenza o imperizia, non adempie a tale obbligazione, può essere chiamato a rispondere per i danni causati.

La responsabilità penale del medico, invece, si configura solo quando il comportamento del professionista supera i limiti dell’errore scusabile e si trasforma in colpa grave. In tal caso, il medico può essere perseguito ai sensi degli articoli 589 e 590 del Codice Penale per omicidio colposo o lesioni colpose.

È importante sottolineare che, affinché si configuri la responsabilità penale, è necessario dimostrare che il medico ha violato gravemente le regole dell’arte medica e che tale violazione ha causato la morte o lesioni al paziente. La distinzione tra colpa lieve e colpa grave è centrale in questo contesto, poiché la colpa lieve esclude la responsabilità penale, mentre la colpa grave può dar luogo a conseguenze molto più severe, inclusa la reclusione del medico.

Le sentenze della Corte di Cassazione sono fondamentali per chiarire i contorni della responsabilità medica. Ad esempio, la sentenza n. 37077/2017 ha sancito che un medico può essere ritenuto responsabile non solo in sede civile, ma anche in sede penale, se il suo comportamento è gravemente negligente o imprudente. Questa sentenza ha contribuito a delineare i confini della colpa medica, sottolineando l’importanza di seguire scrupolosamente le linee guida e i protocolli medici per evitare sanzioni penali.

Che cosa dice la legge Gelli?

La Legge Gelli-Bianco, che prende il nome dai promotori della riforma, ha segnato un passaggio cruciale nella regolamentazione della responsabilità medica in Italia. Prima della sua entrata in vigore, la responsabilità medica era regolamentata principalmente attraverso il codice civile e penale, con interpretazioni giurisprudenziali che variavano caso per caso. Con l’introduzione di questa legge, il legislatore ha cercato di fornire una cornice più chiara e coerente, riducendo l’incertezza per i professionisti del settore e, allo stesso tempo, tutelando maggiormente i pazienti.

Uno degli elementi centrali della Legge Gelli è l’introduzione dell’assicurazione obbligatoria per i professionisti sanitari, che ha lo scopo di garantire che, in caso di errore medico, il paziente possa ottenere un risarcimento adeguato senza doversi confrontare con problematiche legate alla solvibilità del medico o della struttura sanitaria. Questa norma ha rappresentato un cambiamento significativo, in quanto consente ai pazienti di esercitare un’azione diretta contro la compagnia assicurativa del medico o della struttura, riducendo i tempi e i costi del contenzioso.

Un altro aspetto chiave della Legge Gelli è la ridefinizione della responsabilità medica, distinguendo chiaramente tra la responsabilità civile del medico, che rimane di natura contrattuale, e la responsabilità della struttura sanitaria, che è extracontrattuale. Ciò significa che, nel caso di un errore medico, il paziente può agire sia contro il medico che contro la struttura sanitaria, ma con regimi di responsabilità diversi.

La responsabilità contrattuale del medico implica che il paziente deve dimostrare solo il danno e il nesso di causalità, mentre nella responsabilità extracontrattuale della struttura, il paziente deve provare anche la colpa della struttura.

La Legge Gelli introduce anche novità in tema di mediazione obbligatoria, prevedendo che, prima di intraprendere un’azione giudiziaria per risarcimento danni da colpa medica, le parti debbano tentare di risolvere la controversia tramite mediazione. Questa misura ha l’obiettivo di ridurre il contenzioso giudiziario e promuovere soluzioni più rapide e meno costose per entrambe le parti. La normativa prevede inoltre che, in caso di accordo, l’assicurazione del medico o della struttura intervenga per coprire i danni, offrendo così una maggiore garanzia di risarcimento per il paziente.

Quando la colpa del medico è grave?

La distinzione tra colpa lieve e colpa grave è uno dei temi più complessi e controversi nel campo della responsabilità medica. La giurisprudenza ha affrontato in numerose occasioni la questione, cercando di tracciare una linea di demarcazione chiara tra i due tipi di colpa, anche se in molti casi questa linea rimane sfumata. La colpa lieve si verifica quando l’errore del medico può essere giustificato da una certa difficoltà nell’interpretare una situazione clinica complessa o da circostanze particolari che rendono l’intervento particolarmente rischioso o incerto. In questi casi, il medico può aver commesso un errore, ma tale errore è considerato scusabile, e quindi non comporta conseguenze penali.

La colpa grave, invece, si verifica quando l’errore del medico è il risultato di una negligenza, imprudenza o imperizia talmente evidenti da non poter essere giustificati in alcun modo. Ad esempio, un medico che omette di seguire protocolli consolidati o che esegue un intervento senza le necessarie precauzioni può essere accusato di colpa grave. In questi casi, oltre alla responsabilità civile, si può configurare anche una responsabilità penale, con tutte le conseguenze che ne derivano.

La Corte di Cassazione, in varie sentenze, ha chiarito che la colpa grave non è configurabile solo quando il medico commette un errore diagnostico o terapeutico, ma anche quando non si attiene ai protocolli o alle linee guida approvate dalla comunità scientifica. In altre parole, il medico è tenuto a seguire le migliori pratiche disponibili, e il mancato rispetto di queste può essere interpretato come segno di colpa grave. Ad esempio, nella sentenza n. 4030/2018, la Cassazione ha stabilito che la colpa grave si configura non solo in presenza di un errore macroscopico, ma anche quando il medico adotta una condotta negligente che avrebbe potuto essere evitata con una maggiore attenzione o diligenza.

È importante sottolineare che, in base alla Legge Gelli-Bianco, la colpa grave è uno dei pochi casi in cui può essere configurata la responsabilità penale del medico. In altri casi, come quello della colpa lieve, il medico può essere chiamato a rispondere solo in sede civile, con l’obbligo di risarcire i danni, ma senza conseguenze penali.

Cosa non è connesso all’errore professionale medico?

Non tutti i danni subiti dai pazienti possono essere attribuiti a un errore del medico o a una condotta negligente. In molti casi, infatti, i medici non possono essere ritenuti responsabili per danni che derivano da complicanze inevitabili o da circostanze al di fuori del loro controllo. Le complicanze mediche rappresentano una parte inevitabile di molti interventi chirurgici e trattamenti, e non sempre possono essere prevenute, anche quando il medico agisce con la massima diligenza. In questi casi, la responsabilità medica non può essere configurata, poiché il danno non è attribuibile a un errore del medico, ma a un rischio insito nel trattamento stesso.

Un altro aspetto fondamentale riguarda il consenso informato del paziente. Secondo la legge, il medico ha l’obbligo di informare il paziente in modo chiaro e completo sui rischi e sui benefici del trattamento proposto, affinché il paziente possa prendere una decisione consapevole. Tuttavia, se il paziente ha firmato un consenso informato, riconoscendo i rischi del trattamento, il medico potrebbe non essere ritenuto responsabile per eventuali complicanze che si verificano durante o dopo l’intervento, a meno che non si tratti di errori particolarmente gravi.

Un esempio tipico è quello delle complicanze chirurgiche che possono derivare da interventi complessi o da condizioni cliniche preesistenti del paziente. In questi casi, anche se il risultato dell’intervento non è positivo, il medico non può essere ritenuto responsabile, poiché ha agito nel rispetto delle regole dell’arte medica e ha informato adeguatamente il paziente sui rischi. Tuttavia, se il medico non ha fornito un’adeguata informazione sui rischi o non ha ottenuto il consenso del paziente, potrebbe configurarsi una responsabilità per violazione del diritto del paziente all’autodeterminazione.

Inoltre, vi sono situazioni in cui il paziente contribuisce in modo significativo al danno subito, ad esempio non seguendo le indicazioni post-operatorie del medico o assumendo comportamenti che aggravano la sua condizione. Anche in questi casi, la responsabilità del medico potrebbe essere esclusa o ridotta, poiché il danno è in parte attribuibile alla condotta del paziente stesso.

Risarcimento danni da colpa medica: procedura e prescrizione

Quando un paziente subisce un danno a seguito di un intervento medico o di una diagnosi errata, la prima domanda che si pone riguarda la possibilità di ottenere un risarcimento. Il risarcimento dei danni da colpa medica segue una procedura ben precisa, che ha come scopo l’accertamento della responsabilità del medico o della struttura sanitaria e la quantificazione del danno subito dal paziente. La procedura è articolata in diverse fasi, a partire dalla raccolta delle prove che dimostrano il nesso causale tra l’errore medico e il danno.

  • La prima fase è l’onere della prova, ossia il compito di dimostrare che il danno subito è il risultato di una condotta negligente, imprudente o imperita da parte del medico o della struttura sanitaria. A tal fine, è fondamentale raccogliere tutta la documentazione clinica relativa al trattamento ricevuto, comprese le cartelle cliniche, i referti diagnostici e i pareri di eventuali consulenti tecnici. Spesso, il paziente deve ricorrere a una consulenza tecnica d’ufficio (CTU), in cui un medico legale o uno specialista indipendente esamina il caso per stabilire se vi sia stata colpa medica e in che misura.
  • La fase successiva prevede la presentazione di una richiesta di risarcimento danni al medico o alla struttura sanitaria coinvolta. Se non si raggiunge un accordo tra le parti, il paziente ha il diritto di agire in giudizio, ma, come previsto dalla Legge Gelli-Bianco, è obbligatorio tentare una mediazione prima di avviare il processo.
  • C’è poi la mediazione,  un passaggio preliminare che mira a trovare una soluzione amichevole e ad evitare un lungo e costoso contenzioso giudiziario. Solo se la mediazione fallisce, il paziente può procedere con una causa civile.

Un aspetto fondamentale del risarcimento danni è il termine di prescrizione. La prescrizione rappresenta il periodo di tempo entro cui il paziente può agire per ottenere il risarcimento. La normativa italiana stabilisce che la prescrizione per i danni da colpa medica è di cinque anni dalla conoscenza del danno, come previsto dall’articolo 2947 del Codice Civile. Tuttavia, la riforma Cartabia ha introdotto alcune novità importanti in materia di prescrizione, modificando i termini per l’azione risarcitoria. Ad esempio, il dies a quo, ovvero il momento in cui inizia a decorrere il termine di prescrizione, non coincide sempre con il momento in cui il danno si verifica, ma con il momento in cui il paziente ne ha piena conoscenza. Questo aspetto è cruciale, poiché in molti casi il paziente scopre il danno solo molto tempo dopo l’intervento o il trattamento.

La Cassazione ha emesso numerose sentenze in merito alla prescrizione nei casi di responsabilità medica, chiarendo che il termine di cinque anni decorre solo dal momento in cui il paziente ha avuto piena consapevolezza del danno e del nesso di causalità con l’operato del medico. Questa interpretazione garantisce una maggiore tutela al paziente, evitando che il diritto al risarcimento si estingua prima che il danno venga effettivamente scoperto.

Onere della prova e mediazione obbligatoria

Uno degli aspetti più delicati e complessi nelle cause di risarcimento per colpa medica è l’onere della prova. In diritto civile, l’onere della prova grava su chi propone l’azione, ossia, nel caso della responsabilità medica, sul paziente che ritiene di aver subito un danno a causa di un errore medico. Questo significa che il paziente deve dimostrare non solo di aver subito un danno, ma anche che tale danno è stato causato direttamente da una condotta negligente o imperita del medico. Tale dimostrazione può rivelarsi complessa, poiché richiede la produzione di prove mediche e tecniche che possano stabilire un nesso di causalità tra l’errore del medico e il danno subito.

Il paziente deve raccogliere tutta la documentazione relativa al trattamento, comprese le cartelle cliniche, i referti medici e le analisi diagnostiche, e spesso è necessario avvalersi di una consulenza tecnica per dimostrare la colpa del medico. In molti casi, i tribunali ricorrono a una consulenza tecnica d’ufficio (CTU), un parere reso da un esperto nominato dal giudice che analizza il caso per verificare se vi siano stati errori medici. La CTU è uno strumento cruciale nel processo, poiché fornisce un’analisi imparziale della situazione clinica e può influenzare in modo determinante l’esito del giudizio.

L’introduzione della mediazione obbligatoria ha rappresentato un altro importante cambiamento apportato dalla Legge Gelli-Bianco. Prima di poter intentare una causa per responsabilità medica, il paziente e il medico sono tenuti a partecipare a un tentativo di mediazione, con l’obiettivo di risolvere la controversia senza ricorrere al tribunale. La mediazione è una procedura alternativa alla giustizia ordinaria che mira a trovare un accordo tra le parti in tempi più rapidi e con costi inferiori rispetto a una causa legale. Durante la mediazione, le parti possono discutere le loro posizioni e cercare di raggiungere un accordo su un eventuale risarcimento, con l’aiuto di un mediatore neutrale che facilita la comunicazione e il dialogo.

Se la mediazione ha successo, le parti possono stipulare un accordo che definisce l’importo del risarcimento e le modalità di pagamento. Se invece la mediazione fallisce, il paziente può procedere con una causa civile. È importante sottolineare che la partecipazione alla mediazione è obbligatoria e costituisce un passaggio preliminare prima di poter agire in giudizio. Questo obbligo ha lo scopo di ridurre il numero di cause legali in materia di responsabilità medica e di promuovere soluzioni più rapide e meno conflittuali.

La Cassazione ha sottolineato l’importanza della mediazione obbligatoria come strumento per ridurre il contenzioso e favorire una risoluzione pacifica delle controversie. In diverse sentenze, ha ribadito che la mediazione è un passaggio imprescindibile nel processo risarcitorio e che il mancato rispetto di questa procedura può comportare la nullità dell’azione legale successiva.

Azione diretta contro l’assicurazione: quando è possibile?

Uno degli aspetti più innovativi introdotti dalla Legge Gelli-Bianco è la possibilità per il paziente di agire direttamente contro la compagnia assicurativa del medico o della struttura sanitaria, attraverso l’azione diretta. Questa possibilità rappresenta un’importante garanzia per i pazienti, poiché consente di ottenere il risarcimento dei danni senza dover affrontare direttamente il medico o la struttura sanitaria. In questo modo, si riducono i tempi e i costi del contenzioso, garantendo al paziente un risarcimento più rapido e sicuro.

Prima dell’introduzione di questa norma, il paziente doveva necessariamente citare in giudizio il medico o la struttura, che a loro volta potevano chiamare in causa la propria compagnia assicurativa. Con la Legge Gelli, invece, il paziente può rivolgersi direttamente all’assicurazione, che è tenuta a rispondere dei danni fino alla concorrenza del massimale previsto nella polizza. Questo meccanismo rappresenta una svolta significativa, poiché offre al paziente una via più diretta e semplice per ottenere il risarcimento.

L’azione diretta è ammessa solo se il medico o la struttura sanitaria sono coperti da un’assicurazione valida, come previsto dalla legge. In caso di assenza di copertura assicurativa, il paziente può agire direttamente contro il medico o la struttura, ma non può rivolgersi all’assicurazione. Questo aspetto rende fondamentale per i medici e le strutture sanitarie stipulare polizze assicurative adeguate, che coprano non solo i danni provocati per negligenza o imperizia, ma anche eventuali danni causati da complicanze inevitabili.

Un altro elemento da considerare riguarda i limiti della copertura assicurativa. Le polizze assicurative spesso prevedono dei massimali, ossia l’importo massimo che l’assicurazione è tenuta a pagare in caso di danno. Se il danno subito dal paziente supera tale massimale, il medico o la struttura sanitaria possono essere chiamati a rispondere personalmente per l’importo eccedente. Pertanto, è importante che i professionisti sanitari scelgano polizze adeguate che coprano tutti i rischi connessi alla loro attività.

Le sentenze della Cassazione hanno ribadito più volte che l’azione diretta contro l’assicurazione è un diritto del paziente e che l’assicurazione non può sottrarsi a questa responsabilità se esiste una copertura assicurativa valida. Inoltre, è stato stabilito che l’assicurazione è tenuta a risarcire il paziente anche in caso di colpa grave del medico, purché il contratto di assicurazione non preveda specifiche esclusioni.

3 LINK UTILI PER IL LETTORE:

1. Ministero della Salute – Sicurezza delle cure e responsabilità medica
Approfondimento ufficiale sulla responsabilità medica e sulla sicurezza delle cure, con informazioni dettagliate riguardanti le normative e i diritti del paziente.

2. INAIL – La Legge Gelli-Bianco e la responsabilità sanitaria
Una panoramica sulla Legge Gelli-Bianco e il suo impatto sulla responsabilità medica, con focus sulle conseguenze legali e sulle modifiche legislative recenti.

3. Agenas – Osservatorio buone pratiche sanitarie
Sito dell’Agenzia Nazionale per i Servizi Sanitari Regionali che fornisce linee guida e buone pratiche per la gestione dei rischi sanitari e la sicurezza delle cure.

La prescrizione dies a quo nei casi di responsabilità medica

Il termine di prescrizione per le azioni di risarcimento danni da colpa medica è uno degli aspetti più discussi e complessi del diritto della responsabilità sanitaria. In generale, la prescrizione per l’azione risarcitoria è di cinque anni, come previsto dall’articolo 2947 del Codice Civile. Tuttavia, uno degli aspetti più delicati riguarda il momento in cui inizia a decorrere tale termine, noto come dies a quo. Il dies a quo non coincide sempre con il momento in cui si verifica il danno, ma con il momento in cui il paziente acquisisce piena consapevolezza del danno subito e del nesso di causalità con l’operato del medico.

Questa distinzione è cruciale, poiché in molti casi il paziente può scoprire il danno solo diversi mesi o anni dopo il trattamento o l’intervento. Ad esempio, in caso di un intervento chirurgico, il paziente potrebbe non essere immediatamente consapevole di un errore medico, ma scoprirlo solo quando emergono complicanze o quando un altro medico rileva l’errore. In questi casi, il termine di prescrizione decorre dal momento della scoperta del danno e non dal momento in cui il danno si è verificato.

La riforma Cartabia ha introdotto alcune importanti modifiche alla normativa sulla prescrizione, rendendo più chiari i criteri per stabilire il dies a quo e garantendo una maggiore tutela per i pazienti. Ad esempio, la riforma ha stabilito che, in caso di danno continuato, il termine di prescrizione inizia a decorrere solo dal momento in cui il danno si manifesta in modo evidente e il paziente ne prende coscienza. Questo cambiamento ha lo scopo di evitare che il diritto al risarcimento si estingua prima che il paziente abbia avuto la possibilità di agire.

La giurisprudenza ha affrontato ripetutamente la questione del dies a quo, cercando di bilanciare i diritti del paziente con la necessità di garantire la certezza del diritto. La Cassazione, in numerose sentenze, ha chiarito che il termine di prescrizione decorre solo dal momento in cui il paziente ha acquisito piena consapevolezza del danno e della sua origine. Ad esempio, nella sentenza n. 577 del 2017, la Corte ha stabilito che, in caso di errore medico scoperto successivamente, il termine di prescrizione inizia a decorrere solo dal momento in cui il paziente ha ricevuto conferma dell’errore attraverso una diagnosi o un consulto medico.

[FAC-SIMILE: LETTERA DI DIFFIDA AL MEDICO O ALLA STRUTTURA SANITARIA]

Oggetto: Diffida per richiesta di risarcimento danni da colpa medica

Mittente:
[Nome e cognome]
[Indirizzo]
[Codice fiscale]
[Telefono]
[Email]

Destinatario:
[Nome del medico o della struttura sanitaria]
[Indirizzo della struttura sanitaria o del medico]

Luogo e data:
[Inserire luogo e data]

Gentile [Dott./Dott.ssa/Spettabile Struttura Sanitaria],

Il/La sottoscritto/a [Nome e Cognome], nato/a a [Luogo di nascita] il [Data di nascita], residente in [Indirizzo], codice fiscale [Inserire codice fiscale], con riferimento al trattamento medico da me ricevuto presso [indicare il nome della struttura sanitaria o il nome del medico] in data [indicare la data del trattamento], intende formalmente contestare la condotta da Voi tenuta in tale circostanza.

A seguito del suddetto trattamento, ho subito un danno consistente in [descrivere dettagliatamente il danno subito: fisico, morale, patrimoniale, ecc.], come documentato nelle cartelle cliniche, referti e perizie mediche in mio possesso. Tale danno è direttamente riconducibile a una condotta negligente e imperita da parte di Voi, in violazione delle regole dell’arte medica e delle linee guida applicabili.

Alla luce di quanto sopra, con la presente Vi diffido formalmente a voler risarcire il danno da me subito, quantificabile in [inserire l’ammontare del risarcimento, se già noto] oppure da determinarsi a seguito di una perizia medico-legale. Qualora non pervenisse una Vostra risposta positiva entro e non oltre [inserire un termine, ad esempio 15 o 30 giorni], mi riservo il diritto di agire nelle sedi competenti per la tutela dei miei diritti.

In attesa di un Vostro riscontro, porgo distinti saluti.

Firma:
[Nome e Cognome]

 

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