Avvocato per ricorso al TAR contro demolizioni, dinieghi e abusi edilizi

Avvocato per ricorso al TAR contro demolizioni, dinieghi e abusi edilizi

By Alessio Di Lella

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Quando si riceve un’ordinanza di demolizione o un diniego di permesso di costruire, il tempo sembra comprimersi e le scelte diventano improvvise. In questi momenti è fondamentale muoversi con metodo, perché il ricorso per abuso edilizio non è un gesto “difensivo” qualsiasi, ma un’azione tecnica che richiede strategia, documenti ben selezionati e argomenti giuridici solidi.

In questo articolo, scritto per chi cerca un avvocato esperto in ricorsi al TAR e desidera capire davvero cosa può fare, affrontiamo i passaggi essenziali per impostare un ricorso contro ordinanza di demolizione, spiegando quando fare ricorso al TAR, come chiedere la sospensione dell’ordinanza, in quali casi puntare a una sanatoria edilizia e quali valutazioni economiche mettere in conto. Lo faremo con taglio operativo, pensando a chi deve decidere oggi come evitare l’abbattimento edifici o almeno limitarne gli effetti.

Perché (e quando) il TAR è la sede giusta

Il Tribunale Amministrativo Regionale è il giudice naturale degli atti della Pubblica Amministrazione in materia edilizia e urbanistica. Davanti al TAR si impugnano l’ordinanza di demolizione, il diniego di permesso di costruire, la diffida a ripristinare lo stato dei luoghi e, in generale, i provvedimenti sanzionatori collegati all’abusivismo edilizio. In linea di massima, il termine per impugnare è di 60 giorni dalla notifica dell’atto: rispettarlo è decisivo, perché decorso il termine il provvedimento tende a consolidarsi. In molte situazioni, la via amministrativa alternativa (come l’istanza di autotutela per la revoca ordinanza di demolizione) può essere tentata, ma non sospende automaticamente i termini per il ricorso per abuso edilizio.

La regola pratica che adotto in studio è semplice: se il provvedimento è lesivo e immediatamente eseguibile, depositiamo il ricorso al TAR e, in parallelo, valuto eventuali interlocuzioni con l’ente per verificare margini di soluzione, senza perdere la tutela giurisdizionale.

Come funziona la sospensione dell’ordinanza e cosa serve davvero

La prima domanda che riceviamo quasi sempre è se si possa fermare subito la ruspa. La risposta passa per la misura cautelare. Nel ricorso contro ordinanza di demolizione chiedo al TAR la sospensione dell’ordinanza, provando due elementi: il fumus (ossia la plausibilità giuridica delle censure) e il periculum (il pregiudizio grave e irreparabile che deriverebbe dall’esecuzione del provvedimento).

In concreto, significa depositare perizie tecniche, fotografie, atti catastali, titoli edilizi pregressi, stralci del piano regolatore e ogni documento capace di dimostrare che l’ordine è viziato (ad esempio per difetto d’istruttoria, errata qualificazione dell’intervento o violazione del principio di proporzionalità) e che l’abbattimento edifici produrrebbe danni non recuperabili. Non basta affermare che “serve una casa”; occorre far emergere un quadro di illegittimità e un pregiudizio effettivo.

Quando la cautelare viene accolta, l’efficacia dell’atto può essere sospesa fino alla decisione nel merito, creando il tempo necessario per sostenere la causa e, se possibile, esplorare soluzioni amministrative.

Testo unico dell’edilizia, vincoli e sanzioni: ciò che incide davvero

Il quadro giuridico vive dentro il testo unico dell’edilizia, che disciplina sia i titoli abilitativi sia le sanzioni amministrative in caso di opere irregolari. La differenza tra interventi assentibili con CILA/SCIA e quelli che richiedono il permesso di costruire ha effetti molto concreti: se l’amministrazione ha qualificato come “nuova costruzione” ciò che in realtà è una ristrutturazione leggera, la misura demolitoria può risultare sproporzionata.

A ciò si sommano i vincoli paesaggistici o ambientali, che irrigidiscono moltissimo il quadro: in area vincolata non basta chiedere un titolo edilizio tardivo, servono autorizzazioni paesaggistiche e, spesso, un giudizio di compatibilità che non sempre è ottenibile a posteriori.

Qui si gioca una parte importante del ricorso al TAR per abuso edilizio: mettere in luce come l’amministrazione abbia omesso accertamenti essenziali, ignorato lo stato dei luoghi o applicato in modo automatico sanzioni amministrative senza una reale comparazione fra ripristino e sanzione pecuniaria sostitutiva laddove l’ordinamento la consente.

Come si può evitare la demolizione di un abuso edilizio: tra sanatoria e “fiscalizzazione”

La via maestra, quando ci sono i presupposti, è la sanatoria edilizia. Esistono due piani: quello straordinario, legato a leggi di condono del passato, oggi non riaperte; e quello ordinario, rappresentato dall’accertamento di conformità, che consente la regolarizzazione soltanto se l’opera risulta conforme sia alla disciplina vigente al momento della realizzazione sia a quella vigente al momento della domanda.

Questa è la famosa “doppia conformità”, spesso l’ostacolo principale. Se la doppia conformità manca, è necessario verificare se il ripristino integrale sia davvero l’unica strada.

In taluni casi, per difformità parziali non sanabili, l’ordinamento prevede la sostituzione della demolizione con una sanzione pecuniaria, la cosiddetta “fiscalizzazione dell’abuso”, utile a evitare l’abbattimento edifici quando l’eliminazione materiale risulti impossibile o pregiudizievole per la parte conforme. Una strategia efficace, dunque, combina il ricorso per abuso edilizio con un’istruttoria tecnica scrupolosa tesa a individuare quale parte dell’intervento possa essere conservata e quale – se del caso – regolarizzata o sanzionata monetariamente.

Quanto costa un ricorso al TAR per abuso edilizio?

Parlare di costi in astratto è sempre difficile, ma è corretto offrire una forbice realistica. In generale, chi intraprende questa strada deve considerare il contributo unificato dovuto allo Stato, eventuali diritti di copia e marche, le spese vive (perizie, rilievi, fotografie georeferenziate, accessi agli atti) e gli onorari professionali dell’avvocato per ricorso al TAR (che partono dai 2.500€ in su, oltre oneri) e dei tecnici coinvolti.

Quanto costa in media un ricorso al TAR dipende perciò dalla complessità: nelle controversie edilizie con richiesta di sospensiva e attività istruttoria significativa, un budget comprensivo di onorari professionali e spese tecniche può oscillare, a titolo indicativo, da qualche migliaio di euro fino a cifre più consistenti quando si rendono necessarie perizie specialistiche o consulenze su vincoli paesaggistici o ambientali. La risposta più onesta alla domanda su quanto costi un ricorso al TAR per abuso edilizio è quindi: dipende dalla strategia processuale che decidiamo di percorrere, dal numero di atti da impugnare (per esempio ordinanza di demolizione e successivo diniego di accertamento di conformità) e dal livello di approfondimento tecnico necessario a sostenere il fumus in fase cautelare.

Quando va in prescrizione abusivismo edilizio? Mettiamo ordine

Qui è essenziale distinguere piani diversi. Sul versante penale, alcune contravvenzioni edilizie sono soggette a termini di prescrizione. Ma sul versante amministrativo, l’illegittimità dell’opera non “invecchia” nel senso comune del termine: la giurisprudenza amministrativa ribadisce che l’ordinanza di demolizione è un atto dovuto a fronte di opere prive di titolo e non è soggetta a prescrizione, perché mira a ripristinare la legalità urbanistica.

Questo significa che il solo trascorrere del tempo raramente salva l’opera. Ciò non toglie che si possano far valere affidamenti qualificati, mutevoli destinazioni urbanistiche, mutamenti normativi sopravvenuti o lacune istruttorie nella motivazione del provvedimento.

Nella pratica, i ricorsi che abbiamo sostenuto con esito positivo su questo profilo ruotano quasi sempre attorno a vizi specifici del procedimento: un’istruttoria incompleta, una qualificazione tecnica sbagliata, la mancata comparazione fra demolizione e sanzione pecuniaria in caso di difformità parziali, oppure l’omessa valutazione di istanze di sanatoria edilizia presentate e ignorate.

Il contenuto del ricorso: come si costruisce una difesa credibile

Un ricorso al TAR ben fatto non è un collage di norme ma una narrazione probatoria che unisce tecnica e diritto. Partiamo dall’accesso agli atti per ottenere il fascicolo edilizio completo; ricostruisco cronologicamente i titoli presentati, i silenzi dell’amministrazione, le eventuali comunicazioni di avvio del procedimento e i sopralluoghi. Se il Comune ha inquadrato l’opera come nuova costruzione, verifichiamo misure e incidenza volumetrica per dimostrare che si tratta, ad esempio, di ristrutturazione senza aumento di volume.

Se l’ordinanza di demolizione si fonda su rilievi fotografici sommari, contestiamo l’adeguatezza dell’istruttoria con planimetrie, rilievi metrici e simulazioni. Nei casi di diniego di permesso di costruire, concentriamo le censure su motivazione, coerenza con lo strumento urbanistico e uso corretto del potere discrezionale. In presenza di vincoli paesaggistici o ambientali, spostiamo l’asse probatorio sulla compatibilità dell’intervento e sull’eventuale possibilità di ottenere il titolo paesaggistico postumo nei ristretti casi ammessi.

La forza del ricorso per abuso edilizio si vede in cautelare: se convince in quella sede, spesso la causa prende la piega giusta.

Revoca ordinanza di demolizione, autotutela e soluzioni ibride

Il fatto che si proponga un ricorso non esclude un dialogo istituzionale con l’ente. L’amministrazione, in autotutela, può adottare la revoca ordinanza di demolizione quando emergono errori di fatto o di diritto, o quando un successivo titolo legittima l’opera. È raro, ma accade: penso a quei casi in cui, dopo un accesso agli atti accurato, si scopre un titolo rilasciato anni prima e mai valutato, oppure una errata sovrapposizione cartografica sui vincoli.

In altri scenari, l’ente, preso atto della documentazione tecnica, ridetermina la misura sanzionatoria sostituendo la demolizione con una sanzione pecuniaria. Questa è una delle ragioni per cui nei ricorsi si evitano posizioni “murate” e si tiene sempre aperta una porta procedimentale: il processo non è un muro contro muro, ma uno strumento per ricondurre la potestas amministrativa entro i binari di legalità e ragionevolezza.

Profili economici con realismo: Quanto costa in media un ricorso al TAR

Ritorniamo sulla questione economica perché è determinante per una scelta consapevole. Un ricorso con istanza cautelare, affiancato da una perizia tecnica accurata e da accessi agli atti multipli, implica costi di struttura che variano in base alla complessità. Per trasparenza, nel nostro studio proponiamo un preventivo a corpo che comprenda i costi relativi alla fase cautelare (la più intensa e rapida), a quella per il merito, e quella dei costi tecnici. Chi cerca un avvocato per ricorsi al TAR deve aspettarsi onorari proporzionati al valore dell’interesse in gioco e al carico probatorio richiesto.

Se l’obiettivo è fermare in urgenza un’ordinanza di demolizione, è utile considerare fin da subito anche le spese per i rilievi topografici, le relazioni strutturali e, se vi sono vincoli paesaggistici o ambientali, le relazioni paesaggistiche, perché sono spesso decisive per ottenere la misura cautelare.

Il ricorso al TAR per abuso edilizio è uno strumento potente quando è fondato su una ricostruzione tecnica rigorosa e su censure giuridiche calibrate. Non esistono formule magiche: la partita si vince lavorando sui fatti, sulla coerenza urbanistica reale dell’opera, sulla disciplina applicabile e sul corretto uso del potere sanzionatorio da parte del Comune. Se devi decidere quando fare ricorso al TAR, la risposta è: subito dopo la notifica del provvedimento lesivo, senza perdere i termini, e dopo un esame tecnico preliminare che chiarisca se puntare alla sospensione dell’ordinanza, alla regolarizzazione dell’intervento, alla conversione della demolizione in sanzione o a una combinazione di queste strade.

Un avvocato per ricorso al TAR con esperienza in materia edilizia deve saper integrare diritto, tecnica e strategia procedimentale, mettendo sul tavolo opzioni concrete e un cronoprogramma realistico.

Se stai affrontando un’ordinanza di demolizione, un diniego di permesso di costruire o ritieni sproporzionate le sanzioni amministrative che ti sono state irrogate, contattami: come avvocato esperto in ricorsi al TAR, imposteremo subito l’accesso agli atti, analizzeremo con i tuoi tecnici lo stato dei luoghi e costruiremo il ricorso per abuso edilizio più adatto al tuo caso, con l’obiettivo di ottenere la sospensione dell’ordinanza nel breve e di difendere nel merito le tue ragioni.

Se cerchi uno studio legale per ricorsi al TAR che unisca competenza amministrativa e sensibilità tecnica, mettiamo a disposizione la nostra esperienza di avvocati amministrativisti per aiutarti a trasformare un atto sanzionatorio in una decisione ragionata, fondata e sostenibile nel tempo.

Domande frequenti e scelte strategiche

Molti ci chiedono se convenga ricorrere sempre. No: conviene quando ci sono elementi tecnici e giuridici seri. Se l’opera è manifestamente incompatibile con la disciplina urbanistica e paesaggistica, il ricorso rischia di comprare solo tempo e di aumentare i costi. Diverso è il caso in cui l’amministrazione abbia confuso categorie edilizie, trascurato una CILA/SCIA originaria, ignorato istanze di accertamento di conformità o applicato meccanicamente l’ordinanza di demolizione senza valutare alternative.

In tali situazioni, un avvocato amministrativista può costruire una linea difensiva credibile e ottenere, in prima battuta, la sospensione dell’ordinanza. Va poi chiarito che un ricorso contro ordinanza di demolizione non “crea” titoli abilitativi: se vogliamo salvare l’opera, dobbiamo lavorare in parallelo sulla praticabilità di una sanatoria edilizia o sulla riduzione dell’intervento a una porzione conforme, evitando demolizioni integrali non necessarie.

Ricorso al TAR avverso ordinanza di demolizione o per abuso edilizio: altre domande frequenti che ti potrebbero interessare

1) Quando conviene fare ricorso al TAR contro un’ordinanza di demolizione?
Conviene agire quando il provvedimento presenta profili di illegittimità (istruttoria incompleta, errata qualificazione dell’intervento, motivazione carente o sproporzionata) e l’esecuzione imminente comporterebbe un pregiudizio grave. Il termine ordinario è di 60 giorni dalla notifica: attendere sperando che “passi da solo” espone al rischio di consolidamento dell’ordinanza di demolizione e di abbattimento edifici. Un avvocato esperto in ricorsi al TAR può valutare subito se sussistono i presupposti cautelari per chiedere la sospensione dell’ordinanza.

2) Quali documenti servono per un ricorso per abuso edilizio efficace?
Sono fondamentali il fascicolo edilizio completo, i titoli abilitativi pregressi (CILA, SCIA, permesso di costruire), planimetrie, rilievi tecnici, fotografie, eventuali relazioni strutturali o paesaggistiche, e ogni atto utile a ricostruire lo stato dei luoghi e l’iter amministrativo. Se si impugna anche un diniego di permesso di costruire o un diniego di sanatoria edilizia, vanno allegati i pareri tecnici e le comunicazioni dell’ente. Un dossier ordinato consente allo studio legale per ricorsi al TAR di dimostrare il fumus e il periculum in sede cautelare.

3) È possibile bloccare subito le ruspe con la sospensione dell’ordinanza?
Sì, il TAR può concedere la sospensione dell’ordinanza quando emergono, da un lato, la plausibilità delle censure e, dall’altro, il rischio di un danno grave e irreparabile. In pratica, occorre un ricorso ben argomentato, documenti tecnici puntuali e, se presenti, elementi che mostrino alternative alla demolizione (fiscalizzazione, interventi parziali, nuova istruttoria). Un avvocato per ricorsi al TAR prepara l’istanza cautelare e la discute chiedendo la misura urgente.

4) Quanto costa un ricorso al TAR per abuso edilizio e quanto costa in media?
I costi dipendono da complessità del caso, numero di atti da impugnare, attività cautelare, bisogno di perizie e accessi agli atti. Di norma si sommano contributo unificato, spese vive e onorari professionali dell’avvocato ricorso al TAR e dei tecnici. In media, per pratiche con istanza cautelare e supporto tecnico, il budget può partire da alcune migliaia di euro e crescere in funzione di perizie specialistiche o di vincoli paesaggistici o ambientali. Un preventivo chiaro e modulare evita sorprese.

5) Quando va in prescrizione l’abusivismo edilizio?
Sul piano amministrativo, l’ordine di ripristino è considerato atto dovuto e non soggetto a prescrizione nel senso comune: il solo decorso del tempo non “legittima” l’opera. Profili di prescrizione riguardano, semmai, l’eventuale reato edilizio in sede penale. Nel contenzioso dinanzi al TAR, la strategia non si fonda sul tempo trascorso, ma su vizi del procedimento, corretta qualificazione dell’intervento e proporzionalità delle sanzioni amministrative.

6) Come si può evitare la demolizione di un abuso edilizio?
Le vie sono tre: dimostrare l’illegittimità del provvedimento e ottenere l’annullamento; verificare la praticabilità della sanatoria edilizia tramite accertamento di conformità (la c.d. doppia conformità); valutare, nei casi consentiti, la sostituzione della demolizione con una sanzione pecuniaria quando l’abbattimento sia tecnicamente impossibile o pregiudizievole per la parte conforme. L’obiettivo è trasformare un ricorso contro ordinanza di demolizione in una soluzione sostenibile, anche attraverso interlocuzioni istruttorie con il Comune.

7) Che differenza c’è tra sanatoria edilizia e “condono”?
La sanatoria ordinaria (accertamento di conformità) è possibile solo se l’opera è conforme sia alle norme vigenti al momento della realizzazione sia a quelle vigenti alla domanda. Il “condono” è misura straordinaria prevista da leggi speciali ormai chiuse. Oggi, nella prassi, si lavora quasi sempre sulla sanatoria ordinaria o su soluzioni alternative per evitare l’abbattimento edifici. Il riferimento generale resta il testo unico dell’edilizia (D.P.R. 380/2001), che disciplina titoli e sanzioni.

8) Cosa fare se l’immobile ricade in area con vincoli paesaggistici o ambientali?
I vincoli irrigidiscono la disciplina: oltre al titolo edilizio serve la compatibilità paesaggistica e, in molte ipotesi, non è sanabile postuma. Nel ricorso per abuso edilizio si contestano eventuali errori di perimetrazione, istruttorie insufficienti o motivazioni stereotipate, e si prova – con perizie dedicate – la compatibilità dell’intervento. La presenza di vincoli paesaggistici o ambientali incide anche sulla possibilità di sostituire la demolizione con sanzione pecuniaria: serve un’analisi caso per caso con un avvocato amministrativista e un tecnico paesaggista.

9) Posso chiedere la revoca dell’ordinanza di demolizione in autotutela?
Sì, si può chiedere all’ente la revoca ordinanza di demolizione quando emergano errori di fatto o di diritto, o nuovi elementi idonei a mutare la valutazione. Attenzione però: l’istanza non sospende i termini per impugnare. La scelta prudente è proporre il ricorso al TAR e, parallelamente, attivare un’istanza motivata di autotutela con allegata documentazione tecnica. Se l’amministrazione rivaluta e riforma il provvedimento, il processo potrà chiudersi con soddisfazione.

10) Cosa succede se perdo il ricorso? Ho alternative?
Se il TAR respinge, l’alternativa tipica è l’appello al Consiglio di Stato entro i termini di legge. In parallelo, si valutano soluzioni tecniche per limitare gli effetti esecutivi (interventi parziali, ripristini mirati, nuova istanza istruttoria). Nei casi con più provvedimenti collegati (diniego di permesso di costruire, rigetto di sanatoria, ordinanza di demolizione) si può rimodulare la strategia. Affidarsi a uno studio legale per ricorsi al TAR con esperienza specifica consente di pianificare da subito un percorso graduale: misura cautelare, merito, eventuale appello e, dove possibile, canali amministrativi per ricondurre il caso entro una soluzione praticabile.

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