Come recuperare i tuoi soldi dalla Blockchain

Agosto 26, 2025
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La blockchain è stata presentata al mondo come la nuova frontiera della finanza, un sistema decentralizzato capace di garantire libertà, anonimato e autonomia dalle banche tradizionali. In pochi anni, milioni di persone hanno iniziato a investire in criptovalute come Bitcoin ed Ethereum, spinti dalla prospettiva di guadagni elevati e rapidi. Tuttavia, insieme a questa rivoluzione, si è diffuso anche un fenomeno altrettanto imponente: la proliferazione di truffe online legate alle criptovalute, spesso perpetrate attraverso piattaforme di falso trading online, chiamate sospette da presunti operatori “da blockchain”, messaggi su WhatsApp o gruppi su Telegram che promettono guadagni straordinari.
Il rovescio della medaglia è evidente: migliaia di persone hanno visto i propri risparmi sparire, talvolta senza nemmeno capire se i loro soldi fossero davvero stati convertiti in Bitcoin oppure se fossero finiti su conti bancari di società fantasma. Questo articolo vuole essere una vera e propria guida digitale per chi cerca di recuperare soldi rubati in blockchain, una guida monumentale che analizza i principali schemi truffaldini, spiega come riconoscere una frode, cosa fare immediatamente, quali strumenti legali attivare e persino quale ruolo giocano le banche nella fase di recupero.
Le truffe più comuni nel mondo delle criptovalute
Per comprendere come difendersi e recuperare i propri fondi, bisogna partire dai meccanismi con cui operano i truffatori. Le truffe delle criptovalute si presentano in forme diverse, ma seguono quasi sempre uno schema simile: attrarre la vittima con promesse di guadagni facili, indurla a investire piccole somme e poi convincerla a versare capitali sempre più consistenti, fino a bloccare qualsiasi possibilità di prelievo.
Una delle più diffuse è la truffa del trading online, che si basa su piattaforme non autorizzate. L’utente si registra su un sito apparentemente professionale, riceve telefonate insistenti da presunti “consulenti finanziari” che guidano passo passo l’investimento e vede, tramite schermate false, crescere il proprio capitale. In realtà, i soldi non entrano mai davvero in un portafoglio crypto: finiscono su conti esteri, spesso intestati a società inesistenti o create ad hoc nei paradisi fiscali.
Altro schema frequente è quello della truffa del mining o dei bot di arbitraggio, che promettono guadagni automatici sfruttando la potenza di calcolo o presunti algoritmi segreti. Si tratta, nella quasi totalità dei casi, di schemi Ponzi che si reggono sui versamenti delle nuove vittime. Quando i flussi si interrompono, i siti spariscono e gli investitori perdono tutto.
Non mancano i casi di truffa via WhatsApp, Telegram o Facebook, dove finti promotori, spesso con profili rubati o foto inventate, convincono a versare somme su portafogli digitali che non verranno mai restituiti.
Emblematico è il fenomeno delle cosiddette telefonate da blockchain, dove operatori che si presentano come appartenenti a enti ufficiali cercano di convincere la vittima che ci sono Bitcoin “dormienti” a suo nome e che per sbloccarli basta pagare una commissione. Nulla di più falso: nessuna piattaforma blockchain funziona in questo modo.
Infine, esistono truffe ancora più raffinate, che colpiscono chi già possiede criptovalute. In questo caso, i criminali mirano a rubare le chiavi private o a ottenere la seed phrase di un wallet (es. Coinbase). Una volta in possesso di questi dati, i fondi vengono trasferiti in maniera irreversibile.
Come sapere se hai davvero dei Bitcoin (e se sono ancora tuoi)
Una delle prime domande che ricevo da chi sospetta una frode è: “Ma io ho davvero dei Bitcoin, oppure mi hanno solo mostrato delle schermate false?” Questo punto è cruciale.
Quando si investe tramite piattaforme sospette, è frequente che i truffatori mostrino una schermata in cui appare un saldo in Bitcoin o Ethereum. In realtà, quel numero non corrisponde a nessun portafoglio reale. È soltanto un’interfaccia grafica che serve a illudere l’utente. Per capire se si possiede davvero un asset crypto, bisogna avere un indirizzo pubblico sulla blockchain e verificarlo attraverso un blockchain explorer. Inserendo quell’indirizzo, si potrà vedere se e quanti Bitcoin sono stati realmente accreditati.
Un altro indizio è il possesso delle chiavi private o della seed phrase. Se non si dispone di questi elementi, e si è solo fatto accesso a una piattaforma con username e password, è molto probabile che non si sia mai entrati in possesso di alcun asset digitale. In questo caso, i soldi sono stati semplicemente trasferiti tramite bonifico o carta di credito a conti di terzi.
Molte vittime raccontano di avere screenshot o ricevute che mostrano un saldo importante. Purtroppo, senza riscontro sulla blockchain, questi documenti non hanno alcun valore tecnico. Significa che i soldi non sono mai stati convertiti in Bitcoin, e il recupero dovrà passare per vie legali, non tecniche.
Recuperare Bitcoin rubati: mito o realtà?
Qui bisogna essere chiari: recuperare Bitcoin rubati in modo tecnico è quasi impossibile. La blockchain, per sua natura, non consente di annullare una transazione o di “richiamare” fondi già trasferiti. Una volta che i Bitcoin sono stati spostati da un wallet a un altro, l’operazione è definitiva.
Esistono alcune eccezioni, ad esempio se la vittima conserva ancora parte delle credenziali d’accesso, se ha commesso un errore nell’invio a un indirizzo non valido o se i fondi si trovano su un exchange regolamentato che collabora con le autorità. Ma si tratta di casi rari.
Molto più frequente è il ricorso al recupero legale. Denunciare la truffa è il primo passo. Questo consente di attivare indagini della Polizia Postale o della Procura, che talvolta riescono a rintracciare i flussi di denaro transitati per conti bancari intermedi.
È fondamentale diffidare da chi promette il recupero certo dei Bitcoin rubati. Molte agenzie che si presentano come “asset recovery” sono in realtà nuove truffe che chiedono un pagamento anticipato per avviare procedure inesistenti. La regola è semplice: nessuno può garantire la restituzione dei fondi su blockchain, se non attraverso un’indagine giudiziaria.
Cosa fare subito se sei vittima di una truffa crypto
Chi si accorge di essere caduto in una trappola non deve perdere tempo. I primi minuti e le prime ore sono decisive.
La prima regola è interrompere ogni contatto con i truffatori. Non rispondere più alle chiamate su WhatsApp o Telegram, non versare altre somme anche se viene promesso lo “sblocco” del portafoglio. Quasi sempre, le richieste successive sono solo stratagemmi per spremere ulteriormente la vittima.
Il secondo passo è raccogliere tutte le prove digitali. Servono screenshot delle conversazioni, copie dei bonifici effettuati, dati degli indirizzi wallet, email ricevute. Ogni dettaglio può risultare utile nelle indagini.
Il terzo passo è sporgere denuncia. È possibile rivolgersi alla Polizia Postale, ai Carabinieri o direttamente alla Procura della Repubblica. Nella denuncia vanno inseriti tutti gli elementi raccolti, specificando i canali di contatto usati dai truffatori (Telegram, WhatsApp, Facebook, email). Questo consente agli investigatori di ricostruire i flussi e, nei casi più gravi, di chiedere sequestri preventivi.
Recuperare soldi e Bitcoin da Blockchain – link utili che devi assolutamente visitare:
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Polizia Postale – Segnala online (Commissariato di P.S.)
Portale ufficiale per inviare segnalazioni e avere indicazioni operative su denunce per truffe informatiche/crypto. -
Arbitro Bancario Finanziario (ABF) – Come presentare ricorso
Pagina ufficiale con istruzioni e Portale per il deposito del ricorso nei confronti della banca (post reclamo). -
CONSOB – “Occhio alle truffe!”
Sezione dedicata alle avvertenze ai risparmiatori, con aggiornamenti su fenomeni di abusivismo e oscuramenti di siti. -
Europol – Segnala il cybercrime online
Hub europeo che indirizza alla pagina nazionale corretta per la denuncia/segnalazione di reati informatici, incluse crypto scam transfrontaliere. -
Blockchair – Blockchain Explorer multi-chain
Strumento tecnico per verificare indirizzi, transazioni e movimenti su decine di blockchain (utile per controlli preliminari).
Il ruolo e la responsabilità delle banche: recall bonifici e ABF
Un capitolo spesso sottovalutato riguarda la responsabilità delle banche nei casi di truffe online legate alle criptovalute. La maggior parte delle vittime, infatti, non versa direttamente Bitcoin, ma invia denaro tramite bonifico o carta di credito verso conti correnti esteri o italiani indicati dai truffatori.
Quando la frode viene scoperta tempestivamente, è possibile attivare il cosiddetto recall del bonifico. Si tratta di una procedura con cui la banca della vittima chiede alla banca ricevente di bloccare e restituire i fondi, a condizione che non siano già stati prelevati o trasferiti altrove. Questo meccanismo non è automatico e dipende molto dalla rapidità della segnalazione. Prima si informa la banca, maggiori sono le probabilità di recupero.
Se la banca non si attiva, o lo fa con colpevole ritardo, può profilarsi una responsabilità contrattuale per inadempimento agli obblighi di diligenza professionale. In tal caso, la vittima ha diritto a presentare un reclamo scritto alla banca. Se il reclamo non sortisce effetto, è possibile rivolgersi all’Arbitro Bancario Finanziario (ABF), un organismo indipendente che decide controversie tra clienti e banche. In diversi casi, l’ABF ha riconosciuto che le banche devono attuare procedure rapide e adeguate per contrastare frodi di questo tipo, condannandole a risarcire parzialmente il cliente.
La giurisprudenza, inoltre, si è più volte interrogata sul ruolo delle banche in caso di social engineering, ossia quando il cliente è stato indotto con l’inganno a compiere un’operazione. Sebbene il principio di base sia che l’utente risponde delle proprie disposizioni, resta fermo che le banche devono adottare strumenti di sicurezza idonei e intervenire in presenza di anomalie evidenti.
Pertanto, nella strategia di recupero fondi, non va mai trascurata la via bancaria: il recall immediato, il reclamo formale e il ricorso all’ABF possono rappresentare strumenti concreti di ristoro, soprattutto quando le somme non sono ancora transitate in asset crypto o sono rimaste bloccate in conti correnti collegati.
Gli strumenti legali per il recupero dei soldi
Dal punto di vista strettamente giuridico, la vittima di una truffa crypto ha a disposizione una serie di strumenti. In sede penale, la denuncia può configurare i reati di truffa (art. 640 c.p.), frode informatica (art. 640-ter c.p.) e accesso abusivo a sistema informatico (art. 615-ter c.p.). L’avvio del procedimento consente di ottenere il sequestro dei conti correnti utilizzati per ricevere i fondi.
In sede civile, è possibile chiedere il risarcimento dei danni sia ai truffatori (quando individuabili) sia, in taluni casi, agli intermediari finanziari che non hanno adottato misure adeguate. Le cause civili in materia di trading online truffaldino sono ormai numerose, e diverse sentenze hanno riconosciuto la responsabilità solidale di banche e piattaforme.
È inoltre possibile valutare azioni collettive quando le vittime sono numerose e riconducibili a un unico schema fraudolento.
Truffe internazionali e cooperazione giudiziaria
Le truffe legate alle criptovalute hanno quasi sempre una matrice internazionale. Non si tratta più di singoli individui isolati che colpiscono poche vittime, ma di vere e proprie organizzazioni criminali strutturate, con call center operativi in Paesi extra UE, spesso localizzati in aree difficilmente raggiungibili dal diritto europeo. Questi call center impiegano centinaia di operatori che, con un copione prestabilito, contattano contemporaneamente migliaia di potenziali vittime in tutta Europa. Le telefonate arrivano da numeri internazionali camuffati, spesso generati tramite sistemi VoIP e VPN che rendono impossibile identificare l’origine reale della chiamata.
La strategia dei truffatori è estremamente raffinata. Utilizzano identità false, profili social creati ad hoc con foto rubate o generate tramite intelligenza artificiale, e perfino siti internet costruiti con grafiche professionali per simulare società di investimento inesistenti. I pagamenti vengono richiesti attraverso bonifici bancari internazionali, spesso diretti verso conti aperti presso banche in giurisdizioni con scarsa cooperazione giudiziaria. Altri metodi comuni includono l’uso di carte prepagate o piattaforme di pagamento online che, una volta ricevuto il denaro, lo frammentano in più micro-transazioni per rendere più difficile la tracciabilità. L’obiettivo è quello di far sparire i soldi il più rapidamente possibile all’interno di una catena di trasferimenti tra conti esteri, fino a convertirli definitivamente in criptovalute che, una volta depositate in wallet anonimi, diventano quasi impossibili da recuperare.
In questo scenario, il ruolo della cooperazione giudiziaria internazionale diventa essenziale. Le forze dell’ordine dei vari Paesi, attraverso organismi come Europol e Interpol, hanno creato task force specializzate per contrastare i reati connessi alla blockchain e al trading online fraudolento. Queste unità hanno sviluppato strumenti investigativi digitali capaci di seguire le tracce lasciate dalle transazioni sulla blockchain, sebbene il percorso si interrompa spesso davanti a wallet anonimi non collegati a identità reali.
Dal punto di vista legale, la magistratura italiana può avvalersi dello strumento delle rogatorie internazionali, ossia richieste di cooperazione giudiziaria rivolte ad autorità estere per ottenere informazioni, bloccare conti correnti e sequestrare somme di denaro. In casi di particolare gravità, è possibile anche il ricorso a mandati di arresto europei nei confronti di soggetti individuati sul territorio comunitario.
Tuttavia, va chiarito che i tempi di queste procedure sono lunghi e complessi: tra la richiesta formale, la traduzione degli atti, la trasmissione al Paese estero e la risposta delle autorità locali, possono passare mesi, se non anni.
A complicare ulteriormente il quadro vi è il fatto che molte di queste società fittizie si registrano in Paesi che non hanno sottoscritto accordi di cooperazione giudiziaria con l’Italia o con l’Unione Europea. In tali casi, ottenere informazioni o sequestrare i fondi diventa estremamente difficile. Le probabilità di recupero diminuiscono drasticamente con il passare del tempo, poiché i truffatori spostano i capitali in continuazione. È quindi fondamentale che la denuncia venga presentata subito e che le autorità vengano messe in grado di agire tempestivamente.
Nonostante le difficoltà, esistono strumenti sempre più sofisticati anche sul piano civile. Alcuni studi legali, in collaborazione con società di investigazione privata autorizzate, utilizzano software di crypto tracing in grado di seguire i flussi di Bitcoin ed Ethereum attraverso decine di wallet diversi.
Queste perizie, presentate in sede giudiziaria, possono rafforzare la richiesta di sequestro dei fondi residui presso gli exchange regolamentati, che hanno l’obbligo di collaborare in presenza di un ordine dell’autorità giudiziaria.
In conclusione, il recupero di denaro disperso in truffe internazionali legate alle criptovalute è difficile ma non impossibile. Richiede un approccio congiunto tra indagini penali, strumenti di cooperazione internazionale, perizie tecniche e azioni civili, con il supporto di avvocati esperti in diritto penale e bancario. Solo così è possibile trasformare una vicenda che sembra senza via d’uscita in un percorso, lungo ma concreto, di recupero e giustizia.
Cosa NON fare: le false promesse di recupero
Uno degli errori più frequenti che commette chi ha subito una truffa online con le criptovalute è cadere nella cosiddetta “seconda truffa”. Dopo aver perso i propri risparmi, spesso arriva un’ulteriore telefonata, un messaggio su Telegram o WhatsApp, oppure una mail in cui sedicenti “esperti di blockchain” si propongono come salvatori. Questi soggetti sostengono di avere la capacità di recuperare Bitcoin rubati o “sbloccare” un portafoglio digitale, ma chiedono in anticipo somme di denaro, spesso sotto forma di commissione, tassa o presunto costo tecnico. La realtà è che non hanno alcun potere reale: sfruttano la disperazione e l’urgenza della vittima, già colpita da un primo raggiro, per infliggerle una nuova perdita economica.
È fondamentale ribadirlo con chiarezza: non esiste nessuna telefonata ufficiale da “Blockchain” o da altre piattaforme, così come non esistono numeri verdi internazionali che offrono assistenza diretta agli utenti. Le grandi aziende del settore crypto non contattano i clienti spontaneamente per “recuperare soldi persi in blockchain”. Chiunque faccia tali promesse mente deliberatamente.
Un’altra dinamica comune è quella dei siti web “mirror” che si presentano come agenzie di recupero di criptovalute: hanno pagine professionali, testimonianze inventate, recensioni fasulle e loghi copiati. Promettono un recupero garantito al 100% degli asset crypto smarriti, ma in realtà si tratta di società fantasma, spesso registrate in giurisdizioni estere, che spariscono dopo aver incassato il pagamento. Alcuni arrivano persino a utilizzare intelligenza artificiale per creare false video-testimonianze di clienti soddisfatti, rendendo la truffa ancora più credibile agli occhi di chi è già vulnerabile.
Gli unici professionisti che possono realmente offrire un supporto sono avvocati esperti in diritto penale, bancario e finanziario, investigatori forensi con strumenti di crypto tracing, e le stesse autorità giudiziarie e di polizia. È attraverso questi canali che passa ogni tentativo concreto di recupero, mai tramite scorciatoie offerte da fantomatici “hacker benevoli” o da società sconosciute trovate su Facebook o forum online.
Prevenzione: come proteggere i tuoi asset crypto
La vera difesa, nel mondo delle criptovalute, è sempre e solo la prevenzione. Una volta persi o rubati, i fondi digitali sono difficilissimi da recuperare, poiché la blockchain si basa su transazioni irreversibili. Per questo, chi decide di investire deve adottare misure di sicurezza molto più stringenti rispetto a quelle utilizzate nella finanza tradizionale.
Prima regola: custodire la seed phrase offline, su supporti sicuri, preferibilmente in metallo ignifugo o in più copie custodite in luoghi differenti. Mai fotografarla, mai salvarla in file non protetti sul computer o su cloud, perché basta un accesso abusivo per compromettere l’intero patrimonio digitale. Seconda regola: utilizzare un hardware wallet (Ledger, Trezor o equivalenti), evitando di lasciare grosse somme su exchange centralizzati, i quali possono essere oggetto di hacking o addirittura fallire, come dimostrato dal caso FTX.
È altrettanto importante non condividere mai credenziali via email, social o chat. Le truffe di phishing si basano proprio sulla disattenzione e sull’ingegneria sociale: un link fasullo, un finto banner di assistenza o un messaggio dall’aspetto ufficiale possono indurre a rivelare password e codici 2FA. Attenzione particolare va riservata ai gruppi Telegram e WhatsApp che promettono “consigli per investire”: nella maggior parte dei casi sono vere e proprie centrali di truffatori.
Dal punto di vista legale e finanziario, occorre scegliere solo piattaforme con licenza e regolate da autorità come la CONSOB in Italia o l’ESMA in Europa. Le piattaforme registrate devono rispettare normative severe in materia di trasparenza e antiriciclaggio, offrendo maggiori garanzie rispetto agli operatori anonimi e non autorizzati.
Un’altra misura di prevenzione fondamentale è la diffidenza verso guadagni facili. La promessa di rendimenti altissimi e garantiti è il segnale più chiaro di una truffa: nessun investimento serio nel mondo delle criptovalute può assicurare ritorni immediati e sicuri.
Quando si parla di recupero dei soldi rubati in blockchain, bisogna comprendere che non esistono “magie” o procedure segrete che riportano indietro i fondi con un click. Il percorso corretto passa sempre attraverso: la denuncia alle autorità competenti, il tentativo di recall bancario quando sono coinvolti bonifici, il reclamo scritto alla banca per eventuali responsabilità di vigilanza e, nei casi opportuni, il ricorso all’Arbitro Bancario Finanziario (ABF). Parallelamente, si può valutare un’azione civile e la costituzione di parte civile nel procedimento penale contro i responsabili.
In definitiva, chi promette recuperi facili e immediati è quasi certamente un truffatore. La strada giusta è più lunga e faticosa, ma è anche l’unica realmente percorribile: quella della giustizia ordinaria, della competenza legale e della collaborazione internazionale tra autorità.
Se hai subito una truffa dei Bitcoin o del trading online, non perdere altro tempo: raccogli subito tutte le prove, interrompi ogni contatto con i truffatori e rivolgiti a un avvocato esperto in materia. Solo con un approccio strategico e tempestivo potrai davvero tentare di recuperare i tuoi soldi dalla blockchain e, soprattutto, evitare che la stessa dinamica colpisca altre persone.
Recuperare soldi dalla blockchain – 20 domande frequenti che ti potrebbero interessare
1. Cosa devo fare subito se sono vittima di una truffa online con le criptovalute?
Interrompi ogni contatto con i truffatori, raccogli tutte le prove (bonifici, chat Telegram o WhatsApp, email, screenshot) e sporgi immediatamente denuncia alla Polizia Postale o ai Carabinieri.
2. È possibile recuperare Bitcoin rubati dalla blockchain?
Le transazioni sulla blockchain sono irreversibili. Il recupero è possibile solo tramite indagini penali, strumenti di crypto tracing e collaborazione con banche ed exchange.
3. Come capire se ho davvero dei Bitcoin o se è una truffa?
Se non hai mai avuto una seed phrase o le chiavi private, probabilmente non hai mai posseduto Bitcoin. Molti truffatori mostrano falsi portafogli online con saldi inventati.
4. Cos’è la truffa del trading online?
È una frode basata su piattaforme non autorizzate che simulano guadagni facili e invitano a depositare soldi. In realtà, i profitti mostrati sono falsi e il denaro viene perso.
5. Cosa significa recall di un bonifico bancario?
È la procedura con cui la banca della vittima chiede alla banca ricevente di restituire un bonifico sospetto. Può funzionare solo se i fondi non sono già stati prelevati o trasferiti.
6. Quanto tempo ho per chiedere il recall del bonifico?
Occorre agire subito: più passano ore o giorni, più aumenta il rischio che i fondi vengano spostati.
7. Se la banca non mi rimborsa posso fare ricorso?
Sì, dopo il reclamo puoi rivolgerti all’Arbitro Bancario Finanziario (ABF) per valutare la responsabilità della banca in caso di mancata vigilanza.
8. Cos’è la truffa dei Bitcoin su Telegram o WhatsApp?
Sono gruppi e contatti che promettono guadagni facili con il trading o il mining. In realtà raccolgono denaro dagli utenti e spariscono senza mai restituirlo.
9. Cosa fare se ho inviato Bitcoin a un indirizzo sbagliato?
Se si tratta di un exchange regolamentato, puoi chiedere supporto e forse recuperare i fondi. Se invece è un wallet privato, il recupero è impossibile.
10. Cos’è una truffa del mining di criptovalute?
È uno schema Ponzi che promette guadagni automatici da “server di mining” inesistenti. In realtà, i soldi versati servono solo a pagare altre vittime.
11. Esistono servizi che recuperano criptovalute rubate?
Sì, ma la maggior parte sono truffe nella truffa. Solo società riconosciute e in collaborazione con avvocati e forze dell’ordine possono avere chance reali di recupero.
12. Come riconoscere un falso servizio di recupero Bitcoin?
Segnali tipici: richiesta di pagamento anticipato, garanzie di successo al 100%, testimonianze false e assenza di contatti verificabili.
13. Cosa succede se dimentico la password del mio wallet?
Alcuni portafogli permettono il recupero tramite seed phrase. Senza di essa, i fondi diventano inaccessibili in modo permanente.
14. Posso denunciare una truffa online anche se i truffatori sono all’estero?
Sì, ma il recupero sarà complesso. La magistratura può attivare rogatorie internazionali e collaborare con Europol e Interpol.
15. Quanto tempo ho per denunciare una truffa delle criptovalute?
La denuncia va fatta subito. Dal punto di vista legale, il reato di truffa (art. 640 c.p.) si prescrive in 6 anni, ma agire tempestivamente aumenta le possibilità di recupero.
16. Quali reati si configurano in caso di truffa con Bitcoin?
Truffa (art. 640 c.p.), frode informatica (art. 640-ter c.p.), riciclaggio (art. 648-bis c.p.), abuso di strumenti informatici (art. 615-ter c.p.).
17. Posso recuperare i soldi persi in un investimento falso su Facebook?
Sì, ma solo tramite denuncia e azioni legali. Molte campagne pubblicitarie online rimandano a piattaforme truffaldine con sedi estere.
18. Come faccio a proteggere il mio portafoglio Bitcoin?
Conserva la seed phrase offline, usa hardware wallet, attiva l’autenticazione a due fattori (2FA) e non condividere mai le credenziali.
19. Cosa succede se un exchange fallisce?
Gli utenti rischiano di perdere i propri asset. In alcuni casi, come procedure concorsuali o liquidazioni, possono insinuarsi al passivo come creditori.
20. Perché chi promette recuperi facili è quasi sempre un truffatore?
Perché non esistono scorciatoie: recuperare soldi dalla blockchain richiede azioni legali, cooperazione bancaria e investigazioni forensi, non soluzioni “miracolose”.